domenica 15 gennaio 2017

La felicità dell’onorevole fa la nostra infelicità

C’è la filosofia politica: Napolitano è quello che si schierò con “i carri armati sovietici che sedarono nel sangue le sacrosante rivendiaczioni di libertà” nel 1956 (per poi recarsi negli Usa, “«casualmente», durante i giorni tragici del sequestro Moro”). E c’è il diritto all’informazione: regina dei pennivendoli è Daria Bignardi, che lo invita in tv, sì, e ne fa un personaggio, ma gli fa “una domanda non concordata” (sul padre fascista di Di Battista) – Bignardi è presentata come “la moglie di Luca Sofri, figlio di Adriano Sofri, l’ex leader di lotta continua condannato a ventidue anni di carcere quale mandante dell’omicidio del commissario Calabresi”. Essere fascisti non è una colpa, in effetti. E c’è il diritto a divertirrsi, anche per il Ballista dellAnno (2015), incoronato dal sito Pagella Politica, specializzato nella denuncia delle fake news e le castroneriedei politici, e a ruota dal New York Times. Ora, uno che è uscito sul New York Times”... Ed è pure vicepresidente dela Camera.
Il pensiero di Di Battista è breve, e non per colpa di twitter, sembra di capire - anche se lui lo mena per 250 pagine. La sua felicità è viaggiare. E del resto è una buona ricetta, meglio essere ottimisti che pessimisti: può capitare di diventare onorevole, lo stipendio meglio pagato d’Italia per non lavorare, con cassa mutua e pensione, tutto a gratis.
Scorrendolo, c’è un po’ d’invidia: un libro di memorie a 38 anni, promossa dal megaeditore Mondadori-Rizzoli. E anche di sorpresa. Cioè no, si sapeva che il giovane geniale era incapace di applicarsi a alcunché, anche soltanto a viaggiare – il ferry sullo Stretto di Messina, le arance siciliane, tarocco, moro e sanguinello, tra pescatori multati “mentre gli spagnoli no”, tra italiani solari e eroici, “decine di eroi”, in una Europa che “ci obbliga ad andare in pensione semrpe più tardi”, e nient’altro. Ma è questo lo stesso Di Battista che Michele Serra e “la Repubblica” volevano icona della sinistra?
La sorpresa è in realtà una conferma: che queste destre e sinistre sono intercambiabili. Senza colpa, il paese è quello, la lingua, la cultura, il modo d’essere, la cialtroneria di Di Battista non c’entra. Lui è uno fortunato che non ha rubato nulla. Con un partito che va fortissimo perché promette il reddito di cittadinanza, cioè una pensione per tutti. Che sembrerebbe impossibile e incredibile ma è quello che succede in Italia: tutti Di Battista. Solo che, invece che all’ottimismo-con-felicità, tutta questa bella roba messa insieme invita alla depressione.
“La vita ha più fantasia di noi, meglio non fare troppi programmi. Meglio provare a restare a galla come un tappo di sughero in un ruscello e magari lasciarsi trasportare dalla corrente”: è questa la filosofia che ci aspetta? E Di Battista non è antipatico.
Alessandro Di Battista, A testa in su. Investire in felicità per non essere sudditi, Rizzoli, pp, 252 € 17

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