domenica 15 gennaio 2017

Letture - 288

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Da Ponte – Ha un punto di vista “femministo” (si diceva per femminista di un uomo). Da puttaniere. Ma da magnaccia più che da frequentatore di bordelli: uno che gli uomini li osservava, nell’atto come dice in tedesco, e le donne.

Galileo Ancora vittima come opportunista del “Galilleo” di Brecht? Che però Brecht dovette rifare più volte, non riusciva a ridurlo – senza contare che, se c’è stato un intellettuale opportunista, questo è stato Brecht, che scelse la Germania comunista col conto in Svizzera (e il passaporto, che la Svizzera dà solo ai conti opimi).

Nasceva destinato alle arti e le lettere. Lo stesso anno di Shakespeare, il giorno in cui moriva Michelangelo – non lo stesso giorno, una settimana dopo, ma piacque confondere le due date. Fu anche cresciuto e istruito nelle arti liberali: musica, disegno, poesia, retorica. Nasceva anche da un padre musicista, Vincenzo, liutaio e teorico della musica, che il figlio ammirava, uomo di vaste cognizioni – la madre era anaffettiva e anche avara (provò a vendere il “segreto” del telescopio). Un uomo a tutti gli effetti del Rinascimento, niente in lui del suo secolo, secentista e scientista.

Il centenario della nascita, in comune con Shakespeare, è passato senza novità. E nemmeno interesse. Non, però, nel mondo anglosassone, che lo ha celebrato con nuove biografie e nuovi studi: “Galileo’s Muse” del fisico e matematico di Harvard Mark Peterson, una nuova biografia, “Galileo”, dello storico della scienza di Berkeley John L. Heilbron, e ben due ricerche dello storico canadese Thomas F. Mayer, “The Trial of Galileo”, e il più ampio  “The Roman Inquisition: A Papal Bureaucracy and Its Laws in the Age of Galileo”.

Lo scrittore Adam Gopnik ne lega la libertà intellettuale, in un’età pure di controlli e censure, in Italia, all’educazione musicale: “Il giovane Galileo prese per dovuta la libertà intellettuale concessa ai musicisti del Rinascimento. L’Inquisizione era tutta orecchi, ma non ai concerti”.
Collaboratore del “New Yorker”, in un saggio sui nn. dell’11 e 18 febbraio 2013 delle rivista Gopnik lega Galileo – fertilità, eleganza, amoralità – al Rinascimento: “Parte del genio di Galileo fu di trasferire lo spirito del Rinascimento italiano nelle arti plastiche alle arti del calcolo e dell’osservazione. Assunse la spinta competitiva, empirica, con cui i pittori fiorentini avevano guardato al mondo e la usò per scrutare la notte il cielo”. Con “le abitudini intellettuali di dubitare dell’autorità e provare”.
Il “Dialogo dei massimi sistemi”, che pure ha punte ardue di filosofia, Gopnik dice “il classico di scienza più divertente mai pubblicato”. Con “ogni strumento dell’Umanesimo rinascimentale: ironia, teatro, commedia, sarcasmo, punte polemiche, e una specie speciale di poesia fantastica”. In una prosa difficile da rendere in traduzione, ma con “passaggi che sono ancora divertenti, quattrocento anni dopo”.
Galileo è anche autore di saggi letterari sempre notevoli. E di una vivacissima corrispondenza, specie con gli altri scienziati, Tycho Brahe e Keplero.

Lager – Lo storico Capogreco s’indigna sul “Sole 24 Ore” che i campi d’internamento degli stranieri in Italia durante la guerra siano chiamati lager o campi di sterminio. Ma il giornale lo illustra con la didascalia fotografica “Lagerkapelle nel campo di Ferramonti”.
Non erano lager, insiste Capogreco, semmai la vecchia pratica italiana aggiornata del confino amministrativo, per motivi politici o di ordine pubblico. Ma no: è – era – prassi internare in guerra i cittadini dello Stato nemico. L’internamento non lo dispose il solito Mussolini capriccioso, si fece in Francia per i tedeschi (ebrei compresi, quelli che avevano cercato rifugio in Francia…), in Gran Bretagna per italiani e tedeschi (ebrei tedeschi compresi, se non abbastanza ricchi), negli Usa per italiani, tedeschi e giapponesi.

Mogli – Il repertorio si arricchisce delle mogli che erano il marito scrittore. Dopo che il “New Yorker” a fine 2015 vi ha annesso quella di Kurt Vonnegut, l’intrepida Jane. E “La Lettura” a fine 2016 Zelda, da cui Fitzgerald avrebbe preso molto, inteso come scrittura – salvo poi rinchiuderla in una clinica per pazzi (perché non potesse parlare creduta? o effettivamente stremata dai furti?). Ora “Sette” opina che Bontempelli debba molto alla moglie, scrittrice in proprio, Paola Masino.
Le mogli classiche autrici invece dell’uomo erano Sonia Bronwell, sposa di Orwell vedovo, la moglie di T.S.Eliot, la ballerina Vivienne Haigh-Wood – che pii anche Eliot fece ricoverare in una clinica per pazzi. Quella di Terzani, sua curatrice appassionata, Angela Staude. Più le varie donne, non mogli, di Brecht – il cambiamento di partner si è anche voluto coincidere in Brecht con i cambiamenti nella sua poesia e drammaturgia.

E Sylvia Plath con Hughes,  il “poeta laureato”, che poi la portò al suicidio coi tanti tradimenti? C’è da indagare. Qui si può individuare l’origine del gaslighting, che si conia in America per dire il marito che induce la moglie a credersi folle, dal film di Ingrid Bergman, “Gaslight” – in italiano “Angoscia”. E le mogli di Hemingway? E quella di Moravia, tutt’e tre scrittrici? Forse per questo molti scrittori non si sposano, non per onanismo.

Il problema può essere l’inverso, della moglie che deve qualcosa al marito? Per esempio “Elena Ferrante” a Starnone.

Neuroscienze – “La corteccia cingolata anteriore dei liberali ha più materia grigia di quella dei conservatori, che invece ne hanno di più nell’amigdala”, John Jost giunge a questo risultato oggi sul “Sole 24 Ore”.  E non è una buona cosa. Il neuroscienziato infatti opina: “È pensabile che un giorno le differenze nelle dimensioni dell’amigdala potranno spiegare perché i conservatori più spesso dei liberal descrivono come «altamente minacciosi» un’ampia gamma di nazioni, leader, gruppi ed eventi”. Forse, perché no – tutto è possibile.
Sempre sul “Sole 24 Ore” domenicale Pietro Pietrini argomentava qualche tempo fa che “gli psicopatici hanno uno scarso controllo del comportamento dovuto a danni alle aree prefrontali del cervello”.

Settecento – È il Millennio. Più che non l’Ottocento, pratico costruttore – sicuramente più che non il Novecento ideologico e calligrafico (avanguardie, arte per l’arte, ermeneutismo): Da Ponte, i philosophes, il vagabondo Sterne che si ripropone. Anche il Seicento in parte: molto siamo Molière, tartufi, malati immaginari, avari, e borghesi gentiluomini (le donne saccenti non si può dire, però).

letterautore@antiit.eu

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