martedì 24 gennaio 2017

Ombre - 351

Non si comprano più i giornali ma si comprano i libri che ne fanno le veci: inchieste, personaggi, rivelazioni, Nuzzi, Saviano, Fittipaldi, Romano quelli che riempiono oggi le librerie. Si comprano in gran numero, in massa, anche se costano, e poi si buttano. Non è la voglia d’informazione che manca. Di analisi, di inquadramento.

Trump è un nemico facile, incontinente quale è – un comico lo smonterebbe, da solo. Ha per questo critiche unanimi, ma tutte di un certo tipo, altezzose: i suoi collaboratori sono trafficanti, disonesti e incompetenti, le donne della sua famiglia poco di buono, suo figlio un ritardato.  Fatte cioè per dargli consistenza: umanità, compassione. È il pregiudizio che perde la sinistra, la presunzione.

Trump ha preso già decisioni di forte impatto, nazionale e internazionale. La sospensione dell’Obamacare. La rinuncia al Trattato Trans-Pacifico – cui seguirà l’abbandono del Trattato Trans-Atlantico. Il riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele. Ma di lui continuiamo a leggere facezie. Comprese ora quelle del figlio piccolo.

Dobbiamo credere che Trump tornerà al protezionismo? L’opposto della globalizzazione che è stata la strategia e l’arma letale degli Stati Uniti in questi ultimi trent’anni. Una cambiamento epocale, una rivoluzione, etc. Con riflessi non solo sulla produzione e il commercio ma anche sulla difesa, gli armamenti, gli assetti politico-militari. Dovremmo quindi saperlo ma nessuno ce lo dice. Nessuno parla con lui, con i suoi ministri, con i suoi consiglieri. Facciamo gli struzzi.


E che dire dell’entusiasmo per Trump a Wall Street e dintorni, dove la globalizzazione è stata escogitata e imposta? Questa America resta un mistero, che pure è così tanto dichiarata.

Non dà tregua a Trump “la Repubblica”: “Non è andato propriamente a tempo, Trump, nel ballo di rito. Sulle note di “My Way” di Sinatra, il presidente ha fatto rimpiangere il debutto danzante degli Obama nel 2009”. Il fronte della resistenza in pista da ballo.

L’albergo della morte era abusivo, afferma Sergio Rizzo sul “Corriere della sera”. Cioè no, c’è stato un giudizio e il tribunale aveva assolto l’albergatore.
Non c’è la disgrazia, c’è la colpa. Questo è umano. Ma perché i giornali devono essere corvi?

Non è tutto, argomenta il “Corriere della sera”: la Procura che accusava l’albergatore di Rigopiano non ha fatto appello contro l’assoluzione perché la causa andava in prescrizione. Quante colpe in questa slavina: pure la prescrizione.

Dalla prima ora della valanga sull’albergo di Rigopiano la Procura di Pescare  s’è fiondata a razzo a denunciare la colpa dell’imprenditore-proprietario della struttura, che pure ci ha lasciato la pelle. Ogni giorno un profluvio di reati, ipotizzati. Un volta si chiavano avvoltoi.

Sono gli stessi giudici che han promosso, e ottenuto, la condanna a sei anni dei sismologi e gli altri scienziati, che non avevano previsto il terremoto dell’Aquila? Sui terremotati d’Abruzzo le disgrazie non finiscono mai.
Ma non si potrebbe trovare qualcos’altro da far fare a tutti questi giudici abruzzesi?

È assordante il silenzio del Pd dopo il referendum. Di Renzi specialmente, che fino al giorno prima ingombrava i media. Ma anche del partito, di tutto il partito – D’Alema voleva prendersi la scena ma è rimasto ridicolmente solo. Hanno votato contro, e ora sono rintronati dal botto. Una nuova categoria di suicidio: ingombrante.

Laude
Il politico consumato
Dormiva della grossa
E pesci non pigliava
Né Crozza lo aiutava
Con la sua possa.

Se solo come un cane
E secco come la morte
Buon viso s’arrendeva
Di buzzo buono a fare
A cattiva sorte.

Il rischio è sempre quello
Dello astensionismo
della società civile
che più oggi non sa
pigliare i pesci.

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