Non un isolazionismo, un ritorno al
protezionismo, ma più autonomia all’Europa, e più ancora al Giappone, in
funzione anticinese. Si precisano gli orientamenti internazionali di Trump, sulla
base degli orientamenti dei suoi collaboratori e consiglieri, e sullo stato
dell’arte delle strategie americane globali. Una forma di multipolarismo
attivo. Al contrario della “Dottrina Obama”, che voleva un trinceramento
americano sui valori americani, seppure ideali. Col conseguente abbandono, o
con la disattenzione, di aree sensibili. Specie della fascia islamica dall’Africa
Occidentale al Pakistan, e al suo interno del conflitto israelo-palestinese, dell’Iran
nucleare, del terrorismo.
Contro
l’isolazionismo
La Cina rimane in Asia il partner dominante,
dopo la parziale eclisse del Giappone nel “ventennio perduto”, fino
all’“Abenomics” del premier Shinzo Abe in questi ani 2010. Ma non più controparte
asiatica unica: il Giappone è richiamato sula scena.
Con l’Europa ci saranno attriti sul cambio del
dollaro, che molti a Washington ritengono a questo punto sopravvalutato. Ma non
liti. Sarà invece accentuata la pressione per un maggiore impegno militare
europeo autonomo. L’aumento della spesa militare annunciato da Trump è in
chiave grande potenza mondiale, e non esclusivamente o prevalentemente
transatlantica.
La pretesa ricostituzione del’asse
anglosassone, con la Gran Bretagna della Brexit, sarebbe intesa a legittimare
le altre direttrici di Trump: il controllo rigido dell’immigrazione, la lotta
al terrorismo islamico.
Con
Putin prudenza
Con Putin la relazione dovrebbe svilupparsi
con prudenza. È la linea individuata dal novantatreenne Kissinger (filo-Hilary
in campagna elettorale, nessun contato con Trump) nella sua lunga intervista
con “The Atlantic” un mese fa: 1) Il rapporto personale non c’è e comunque
conta poco: “Putin ha detto alcune buone parole su di lui, e Trump si è sentito
di dover rispondere, nient’altro”; 2) Putin non ha l’iniziativa, non può aver
deciso: “Putin aspetterà a vedere come la situazione evolve. Stati Uniti e
Russia interagiscono in aree in cui nessuno di essi cntrola tutti gli elementi,
l’Ucraina e la Siria”.
La Cina, che aveva programmato una coesistenza
pacifica per almeno un trentennio, quando avrebbe eguagliato il potenziale economico
americano, ora sarebbe tornata alla finestra. Sorpresa dal voto americano,
anche se non lo mostra. Anche questo sviluppo è prefigurato da Kissinger, che
con i vertici cinesi ha contatti continui.
In Giappone Abe ha moltiplicato il suo “pacifismo
attivo”. Forte di una maggioranza che gli consentirà di modificare la
costituzione, per quanto riguarda gli impegni militari al’estero. Ha schierato
truppe all’estero per la prima volta dopo la guerra, seppure in missione di
pace. In Sud Sudan, cioè in Africa, continente che Pechino patrocina, non da
ora. Ha riaperto con Mosca, dove lavora per chiudere il contenzioso sulle
Curili. Si è accordato con l’India per lo sviluppo del nucleare civile. Ha ratificato
l’accordo commerciale transpacifico, il Ttp, malgrado il preannunciato ritiro
americano. Per prevenire il suo infeudamento alla Cina. .
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