giovedì 26 gennaio 2017

Più Europa, più Giappone, meno Cina

Non un isolazionismo, un ritorno al protezionismo, ma più autonomia all’Europa, e più ancora al Giappone, in funzione anticinese. Si precisano gli orientamenti internazionali di Trump, sulla base degli orientamenti dei suoi collaboratori e consiglieri, e sullo stato dell’arte delle strategie americane globali. Una forma di multipolarismo attivo. Al contrario della “Dottrina Obama”, che voleva un trinceramento americano sui valori americani, seppure ideali. Col conseguente abbandono, o con la disattenzione, di aree sensibili. Specie della fascia islamica dall’Africa Occidentale al Pakistan, e al suo interno del conflitto israelo-palestinese, dell’Iran nucleare, del terrorismo.
Contro l’isolazionismo  
La Cina rimane in Asia il partner dominante, dopo la parziale eclisse del Giappone nel “ventennio perduto”, fino all’“Abenomics” del premier Shinzo Abe in questi ani 2010. Ma non più controparte asiatica unica: il Giappone è richiamato sula scena.
Con l’Europa ci saranno attriti sul cambio del dollaro, che molti a Washington ritengono a questo punto sopravvalutato. Ma non liti. Sarà invece accentuata la pressione per un maggiore impegno militare europeo autonomo. L’aumento della spesa militare annunciato da Trump è in chiave grande potenza mondiale, e non esclusivamente o prevalentemente transatlantica.
La pretesa ricostituzione del’asse anglosassone, con la Gran Bretagna della Brexit, sarebbe intesa a legittimare le altre direttrici di Trump: il controllo rigido dell’immigrazione, la lotta al terrorismo islamico.
Con Putin prudenza
Con Putin la relazione dovrebbe svilupparsi con prudenza. È la linea individuata dal novantatreenne Kissinger (filo-Hilary in campagna elettorale, nessun contato con Trump) nella sua lunga intervista con “The Atlantic” un mese fa: 1) Il rapporto personale non c’è e comunque conta poco: “Putin ha detto alcune buone parole su di lui, e Trump si è sentito di dover rispondere, nient’altro”; 2) Putin non ha l’iniziativa, non può aver deciso: “Putin aspetterà a vedere come la situazione evolve. Stati Uniti e Russia interagiscono in aree in cui nessuno di essi cntrola tutti gli elementi, l’Ucraina e la Siria”.   
La Cina, che aveva programmato una coesistenza pacifica per almeno un trentennio, quando avrebbe eguagliato il potenziale economico americano, ora sarebbe tornata alla finestra. Sorpresa dal voto americano, anche se non lo mostra. Anche questo sviluppo è prefigurato da Kissinger, che con i vertici cinesi ha contatti continui.
In Giappone Abe ha moltiplicato il suo “pacifismo attivo”. Forte di una maggioranza che gli consentirà di modificare la costituzione, per quanto riguarda gli impegni militari al’estero. Ha schierato truppe all’estero per la prima volta dopo la guerra, seppure in missione di pace. In Sud Sudan, cioè in Africa, continente che Pechino patrocina, non da ora. Ha riaperto con Mosca, dove lavora per chiudere il contenzioso sulle Curili. Si è accordato con l’India per lo sviluppo del nucleare civile. Ha ratificato l’accordo commerciale transpacifico, il Ttp, malgrado il preannunciato ritiro americano. Per prevenire il suo infeudamento alla Cina. .

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