giovedì 26 gennaio 2017

Riso amaro dopo Pinocchio

“Collodi”, al secolo Carlo Lorenzini, era un altro: l’inventore fortunato del burattino Pinocchio è
uno scrittore. Traduce i racconti francesi di fate, di Perrault, Madame d’Aulnoy e Madame Le Prince de Beaumont, due terzi del volume, con minimi adattamenti – “leggerissime varianti, sia di vocabolo, sia di andatura di periodo, di modi di dire”. Ma abbastanza per dare loro consistenza autonoma, per “ri-crearli”. Siamo nel 1876, poi verrà “Giannettino”, poi “Pinocchio”. Sono traduzioni di formazione, ma con piglio favolistico solido.
La raccolta si completa con una diecina di “storie allegre”, pubblicate sul “Giornale per i bambini”, compreso il romanzetto “Pipi, o lo scimmiottino color di rosa”. Storie non proprio allegre. Qualcuna, “La festa di Natale”, dickensiana.
I racconti seguivano sul “Giornale per i bambini”, a partire dal 1883, le avventure di Pinocchio, che Collodi vi aveva pubblicato a puntate, a partire dal 7 luglio 1881. Il successo di Pinocchio gli aveva procurato anche la direzione del periodico, fino ad allora diretto da Ferdinando Martini, il fondatore del “Fanfulla della domenica” e della “Domenica Letteraria”, deputato di innumeri legislature, senatore, ministro dell’Istruzione Pubblica nel primo governo Giolitti, governatore dell’Eritrea dopo Adua, ministro delle Colonie durante la grande guerra, firmatario nel 1925 del “Manifesto degli intellettuali fascisti”, grande massone.
Le “Storie allegre” non ripetono il successo di Pinocchio. Ma “Pipi” è notevole: è nel 1883
un sequel parodia di “Pinocchio”. C’è anche, “L’omino anticipato”, la canzonatura anticipata della pedagogia oggi prevalente, che vuole il bambino un adulto.
Carlo Collodi, I racconti delle fate. Storie allegre, Giunti, pp. 544, il., ril. € 30
Carlo Collodi, Storie allegre, Barbès, pp. 175 € 8

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