martedì 3 gennaio 2017

Secondi pensieri - 290

zeulig

Dandysmo – Più che un negarsi o nascondersi, dietro la riserva e\o apparati formali, è introspezione? È il dono – fisiologico, di conformazione nervosa? - del gaudium, o laetitia, di cui in Seneca. Il piacere che nasce da noi stessi in noi stessi. In opposizione alla voluptas, il piacere che viene da altri - «Il mio milidandysmo», si potrebbe dire, per ribadire con l’ironia il bisogno di autenticità.

Democrazia – Non è uscita bene dal Novecento, questa la verità, e forse la causa della sua crisi nel Millennio. Per la teoria e la pratica della guerra o mobilitazione totale, e del mercato, ugualmente totalizzante. Perfino l’orrore evoliano della democrazia torna democratico, nei milioni di morti della guerra totale. Democrazia diventa in questa dottrina della guerra il suo opposto, indifferenza alla massa.
Nelle due grandi guerre la morte dei milioni ha nutrito le democrazie.
Per effetto massa la vecchia arte militare intendeva la concentrazione degli sforzi, la guerra breve e chirurgica. La mobilitazione totale ha fatto massa dei braccianti eletti mitraglieri e carne da mitraglia, e dei milioni di vecchi, donne e bambini bersaglio facile a scuola, al mercato e in casa.  Lo stesso, in modi meno cruenti, fa il mercato.

Gelosia – L’idea del complotto, la formulazione e l’ossessione, può dirsi una forma di gelosia, e la gelosia una forma di delusione, verso se stessi e quindi verso gli altri. Ingenera il sospetto una certa dose d’ipocondria, in due forme. L’idea costante che gli altri tradiscono e vogliono il nostro male. E l’incapacità altrettanto costante degli altri e di noi stessi di essere all’altezza delle ambizioni.
Freud non ne ha parlato, il genio maligno. Proust sicuramente sì, nell’interminabile labirinto della gelosia, la propensione, come la dice da qualche parte, a “formulare sospetti atroci su fatti inconsistenti”. Ma i fatti non hanno bisogno di interpretazioni, non se si vuole uscire dalla paranoia.

Il complotto è esercizio logico prima che paranoico, e unisce tutti, quelli che convergono dall’isolamento. Tutto vi è ineluttabile, una volta recisi i ponti: come la gelosia, l’orrore si nutre di sé. Altra cosa dalla solitudine, il dialogo con se stessi che prepara all’incontro con gli altri e la vita - chi sopporta se stesso accetta gli altri (nella solitudine, spiega Arendt, “siamo sempre due-in-uno”).
Gelosia, invidia, faziosità sono esiti antichi del piacere della crisi, ed erano vizi che ora si nobilitano al coperto di Freud, c’è chi gode a grattarsi le ferite - è lo Strauss di Nietzsche, il “cultural tedesco”.
Crisi è quando si forza il moto, o si scardina per diletto, anche senza un piano.

Laicità È alla radice dell’inconsistenza (debolezza) dell’Europa, e forse anche dell’Occidente, per il malinteso che l’ha trasformata in ateismo, irreligiosità. Per il confuso senso del religioso che nutre la razionalità di massa. L’Is, il radicalismo islamico in genere, ne è il reagente: mancano le basi psicologiche per la scrematura e la difesa, dal momento che non si può più concepire che individui, gruppi di individui, masse, possano uccidere i deboli e gli indifesi, e farsi uccidere, per un dio. La razionalità laicista – a scartamento ridotto – vuole questi assassini invasati o fanatizzati, o pagati o drogati. Non sa concepirne una personalità salda e vincente, seppure distruttiva, in forza di una fede. Non sa concepire un nemico per motivi di fede – per i soldi magari sì (le mafie), per la religione no. O allora fa della religione la pietra dello scandalo e la colpa.

I lumi della ragione laica vengono dal pietismo. Dalla fede per autocombustione: devozione mistica e libertà di pensiero vanno insieme, dentro e fuori le logge. Si sono avuti i criptocattolici e i gesuiti protestanti. Comune è la Bibbia, e l’ideale della Bildung, la vita come formazione.
Laica fu istituzionalmente l’Italia per mezzo secolo ma non ne è nata un’etica, al contrario.

Senza religione ci sono più o meno stragi? È lo stesso, ma per difendersene bisogna entrare in una mentalità religiosa, sia pure della libertà.

Occidente – Non è a disagio nel suo materialismo? Se è arrivato al punto di reagire come i colonizzati: col rifiuto di tutto se stesso, comprese la filosofia, per illusoria che sia, e la scienza politica. Compresa la tolleranza, se i diritti dell’uomo non sono ideologia borghese.
Ma questo negarsi, per quanto manipolabile, in vista della Fine della Storia, non è la fine di una civiltà sbagliata, come Marx in un momento di ebbrezza ha pensato, è il suo lato peggiore. Compassionarsi è il lato peggiore di ogni civiltà, la stupidità esiste. Questo i colonizzati si dissero infine: svegliatevi, ribellatevi. Ai buoni sentimenti.

Oriente – Si vuole posticcio, c’è un perché? Per Marco Polo e i gesuiti, e fino all’illuminismo, l’Oriente è il regno della ragione e la tolleranza, di filosofi e poeti. Compreso l’islam, in qualche modo orientalizzato, da Avicenna (che, è vero, è persiano) e Averroé (che invece è arabo di Spagna).
È la cattiva coscienza dell’Occidente? Ma perché lo sarebbe, in virtù di che?

Sacro Sepolcro – È stato a lungo un tema favorito, forse più di ogni altro, della poesia epica e drammatica - è ancora il punto d’arrivo di Goffredo di Buglione e della “Gerusalemme liberata”. Nonché, prima e dopo, delle avventurose ricerche del Graal, dai cavalieri della Tavola Rotonda a Dan Brown. Un’immagine e una proiezione della fede religiosa, tanto condensata a nessun fine.

Tolleranza – Si fece politica a Amsterdam a fini commerciali. Gli stessi che a Roma, Ancona, Venezia praticava con profitto il papa.
È nata, in atto, come separazione. A Venezia detta ghetto, in Sud Africa a lungo apartheid. ogni nazione, religione, tribù vive accanto e non con le altre. L’Olanda aveva fino a recente, e ha probabilmente tuttora, i diversi “pilastri”, luterano, cattolico, laico (massonico), ebraico, anche nelle squadre di calcio.

Verità – Importa a Dio, e da questo punto di vista è nota, nei vari sacri testi. Per l’uomo è un perturbante, dice Freud, impedendo la tolleranza, la quale vuole ragione, e ne svia lo sviluppo.
Avventura appassionante, rigettare la verità per consentire all’uomo di vivere, in qualche modo. Meglio – con più o meno verità?

La storia è avvincente dopo Lessing, diventando, per essere educatrice del genere umano, superflua quando l’uomo è maturo. O comincia con l’accesso dell’uomo alla maturità, e allora apre una prospettiva infinita: scrivere la storia è approssimare la perfezione – la fine della storia – approssimando la verità. 

zeulgi@antiit.eu 

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