Un attacco sfolgorante: l’autostrada –
l’incubo di Los Angeles – sballa al ballo. Una storia d’amore memorabile, per
semplicità – perdersi e ritrovarsi. Due facce non scontate, Emma Stone e Ryan
Gosling. E la musica naturalmente, con la celebrazione-epicedio del jazz. Si
spiega l’euforia da Oscar che attornia il musical.
Hollywood ama celebrarsi, e la storia è
di chi ci prova e riprova attorno al cinema: realizzare il sogno. Ma Chazelle
dev’essere un genio, che a trent’anni e alla seconda prova gestisce un
semi-kolossal, pieno di caratteristi e figuranti, e redime il tutto: sfiora
quasi di programma tutto ciò che è scontato, con numerose citazioni per chi non
ne fosse ancora al corrente, e lo fa avvincente.
Un poema della vita come è e come
potrebbe – avrebbe potuto – essere. Senza porte girevoli, e senza nemmeno
malinconie, giusto quel poco che serve per dirsi “è sempre bello!”. La-la Land, con e senza i trattino, secondo il dizionario Cambridge è “pensare
che cose impossibili”, qui incontrarsi in un sorpasso, “possano succedere”. O
anche: “il regno della fantasia e del make-believe”,
tra favola e simulazione. O della terra del “mai mai”. Secondo il Collins, che
è più aggiornato, viene chiamata così Los Angeles, e in particolare Hollywood. Un
posto reale e insieme immaginario, dove le fantasie non sono proibite e sono anzi
da coltivare.
Damien Chazelle, La La Land
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