Le
mafie sono forti perché la società è debole. Sembra una scusante e quasi
un’assoluzione, e invece è fatto gravissimo.
La
riforma del Sud sono i Carabinieri.
Roberto Cotroneo celebra su “Sette” Umberto Eco
a una anno dalla morte: “Cosa manca di lui? Manca il mondo del suo nord,
fantasioso e solido, acuto e senza eccessi, che non è mai stato niente di ciò
che predicano gli ideologi del Po e del populismo”. Ripetuto, tre volte. “Quel
nord di radici solide, di poche parole, di concretezza”. “Terre così sensate”.
Cotroneo, un oriundo non interessato, e forse un
negativista, si memoria lizza ad Alessandria col concittadino Eco. In arte da
giovane come Mamurio Lancillotto, si divertiva sul “Sole 24 Ore” a demolire questo e quello. Fra i tanti
ci riuscì con Edmondo Aroldi, forse il più geniale, certamente il più proficuo,
direttore editoriale del dopoguerra, “creatore” di molti libri e autori. Questo
si deve alla sobrietà nordica di Cotroneo-Lancillotto, oppure alle origini?
È
“northern” una categoria editoriale vaga ma precisa: una narrazione o rappresentazione
in cui le nebbie e il gelo dominano. A sottolineare analoga qualità dell’anima,
il freddo delle passioni. Una temperie che Leslie Fielder sintetizza come “scarna,
grigia, smorzata, ritmata al minimo”. Il famoso racconto di Karen Blixen “Babette’s
Feast”, poi film celebre, il pranzo di Babette, la rappresenta a contrasto con
la vivacità e il calore mediterranei della cuoca francese.
Cucinare,
mangiare vuol dire accogliere. La madre che cucina, anche quella che non si
siede e non mangia, anzi specie quella, è chioccia: di ospiti, anche estranei,
e familiari, nipoti, fratelli, sorelle, genitori, e i figli sempre, e il
marito. Officia un rito, non una dipendenza.
Della
geografia economica mutevole, instabile, Petrarca ha fatto un quadro esaustivo
nell’ultima lettera a Guido Sette, l’amico d’infanzia diventato arcivescovo di
Genova – ultima di dodici missive “familiares”, arrivata dopo la morte del
destinatario. Tutto vi era stato soggetto nel corso della vita dei due amici, tutti
i luoghi dove avevano vissuto o avevano interessi: Avignone, Montpellier, la
Francia, Roma, Firenze, Venezia.
Solo
il Sud non cambia mai. Neppure per caso. Il Sud è diverso dal resto del mondo,
è saldamente dell’Italia.
Lo Stato-mafia
Andreotti,
racconta Guido Quaranta in “Scusatemi, la mafia non esiste”, processato a lungo
per mafia, si è sempre difeso con distacco. Con ironia: “Il tempo è sempre
stato galantuomo e dimostrerà come molti politici che sostengono di combattere la
mafia siano, in realtà, dei mafiosi”. Con cattiveria, di questi politici
facendo anche il nome. Che poi è uno, Leoluca Orlando, il sindaco di Palermo:
“In materia di mafia me ne intendo meno di Orlando. Anche perché non ho mai
vissuto a Palermo”. E: “Orlando, oltre ai cortei, certo utili per
sensibilizzare la gente, vorrei sapere cos’altro ha mai fatto di concreto
contro la mafia”. Mentre ai suo ultimi governi Andreotti ascrive le leggi
infine effettive contro la mafia: il 41 bis, e i sequestri con confisca.
La
cosa è vera. Ma si legge così. Fino all’assassinio di Lima, l’accordo c’era,
con la mafia. Dopo l’assassinio di Lima ci sono state le leggi speciali. Ma è
come se il patto Stato-mafia ci fosse stato, per 130 anni. Nei “Mafiosi della
Vicaria”, 1863, che Sciascia ha riscritto nel dramma “I mafosi”, l’accordo è
argomentato lungamente. Anche persuasivamente. Per i tanti reciproci benefici –
certo, non della legalità, o della società aperta.
Però
è anche vero che Andreotti è stato processato per mafia lungamente a Palermo
dopo i suoi attacchi a Orlando. Senza fondamento poiché è stato assolto.
È
anche vero che lo Stato-mafia che oggi si processa si vorrebbe quello delle leggi
infine effettive contro la mafia.
Il Nord si vuole
anche Sud
Da qualche tempo il Nord si vuole anche
Sud. L’ingegnere nucleare Felice Vinci ha collocato Omero nel Baltico, l’“Iliade”
e l’“Odissea”. E con simile ricostruzione è stato tradotto in tutte le lingue
nordiche, svedese, estone, tedesco, inglese, e viene invitato nelle università
a riferire. Una tradizione ormai robusta di studi, anche non nordici, vuole gli
Argonauti su e giù per il Danubio…
Ma la scoperta non è recente, da tempo il
mondo si è capovolto. La punta nord della Norvegia mostrandosi a specchio col
Capo di Buona Speranza, fu la somiglianza con l’Africa che nel Cinquecento
spinse il Nord a cercare l’Oriente via polo. Fu su questa base che nel 1527 il
signor Robert Thorne, mercante inglese a Siviglia, comunicò al suo re la
segretissima notizia che si poteva andare a Oriente via polo Nord. Il re Enrico
VIII, teologo defensor fidei, ancora felice in prime nozze, non gli credette.
Non si sapeva che i vichinghi si erano
spinti tanto a Ovest da aver scoperto da tempo immemorabile l’America. E così
si può vedere la punta Nord della Norvegia come un Capo settentrionale di Buona
Speranza. Del resto, se l’Europa è una ninfa, le parti basse ce l’ha tra Atene
e Napoli, lassù ha gli occhi blu. Sarà questa la ragione dell’attrazione che la Grecia esercita? E se l’Europa
è una ninfa in atto di tuffarsi?
Il Nord è sempre visto da Sud, anche le
carte dell’impero britannico hanno questo strano sguardo che sale da Sud. E
così sembra più alto. Bisognerebbe guardare anche il Nord da Nord.
Calabria
“Fra
gli italiani”, afferma Stendhal, “Dell’amore”, “i buoni sono quelli dotati di
spirito del viaggio e propensione al sangue: i romagnoli e i calabresi”.
È
vero che prosegue, stolidamente: “E, tra
civili, i bresciani, i piemontesi e i corsi” – che però, dunque, sono
italiani.
Italo
Calvino, nel “Sentiero dei nidi di ragno”, il suo romanzo della Resistenza, dei
giovanissimi inesperti, confusionari, indisciplinati, e anche traditori, che
hanno scelto nel 1943 la montagna, ha quattro calabresi. Che, benché denominati
con titoli aulici, Duca, Conte, Marchese,
Barone, non sanno che parlare il dialetto d’origine. Sono sanguinari. Scurrili.
E autentici – i pochi non atteggiati di questa narrazione di maniera, più che
mai di testa.
“Sostiene
Bisi che la prima Loggia italiana è stata fondata a Girifalco (Catanzaro), nel
Settecento. E si sa che i calabresi amano le loro tradizioni” , scrive su
“l’Espresso” Gianfrancesco Turano, di Reggio Calabria. Bisi è il Gran Maestro
del Grande Oriente d’Italia, il capo della massoneria.
C’è
– c’era – un “Patriottismo calabro”? “Calabria Sconosciuta” ha celebrato il
centenario della Grande Guerra con un numero speciale dedicato ai tanti morti
della regione al fronte, e in particolare alle tante medaglie d’oro,
naturalmente ala memoria. Negli epicedi dell’epoca, dello Stato Maggiore, dell’ “Illustrazione Italiana”, dei
necrologi, si fa spesso menzione del “patriottismo calabro”. E s’intendeva l’“italianità”.
Oggi sarebbe al contrario, contro l’Italia.
È
ortogonale al corso del sole: lo vede e lo perde.
Il
“New York Times” premia la Calabria, consigliandola per una vacanza. Unico
posto in Italia e fra i tre europei, su cinquanta, che consiglia di visitare
nel 2017. Per la cucina. Una curiosità, ma anche una promozione non da poco.
Nessuno però, tantomeno in Calabria, che vada a vedere che cosa piace , per rallegrarsi,
se non per promuoversi.
Si
vende un cioccolato “Calabria”, fondente al peperoncino. Lo fabbricano Tancredi
e Alberto Alemagna, di Milano, nello stabilimento di Cerro Maggiore, in
provincia di Milano.
Si
condisce l’insalata in Calabria con le bustine monodose: i calabresi sono molto
osservanti delle leggi, specie di queste europee, che impongono il condimento
monodose, invece dell’acetoliera, per incrementare i business del packaging e
del trattamento rifiuti. L’olio in bustina che si consuma in Calabria, la
regione che produce più olio di tutta Italia, si “produce” a Crescenzago.
Palmi ha una squadra di volley femminile in A
2. Playmaker della Golem Volley Palmi è Tifanny, con una effe e due enne, Pereyra
de Abreu. Che prima si chiamava Rodrigo Pereyra. Che l’allenatore Giangrossi
tiene in speciale considerazione anche “per quanto ha sofferto”. Le compagne
amano e servono. E i tifosi seguono come le altre atlete, né rifiuti né
morbosità.
Palmi ha anche una scuola di basket, alla quale
si è iniziato Kobe Bryant. Proprio lui, il playmaker più prolifico al mondo,
dopo Karim Abdel Jabbar e Karl Malone, che si è appena ritirato dopo venti anni
di eccellenza con i Los Angeles Lakers. Kobe aveva otto anni, figlio di Joe “Jellybean”
Bryant, che la Viola di Reggio Calabria, allora in A, aveva ingaggiato nel
1986\87.
leuzzi@antiit.eu
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