domenica 19 febbraio 2017

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (317)

Giuseppe Leuzzi

Le mafie sono forti perché la società è debole. Sembra una scusante e quasi un’assoluzione, e invece è fatto gravissimo.
La riforma del Sud sono i Carabinieri.

Roberto Cotroneo celebra su “Sette” Umberto Eco a una anno dalla morte: “Cosa manca di lui? Manca il mondo del suo nord, fantasioso e solido, acuto e senza eccessi, che non è mai stato niente di ciò che predicano gli ideologi del Po e del populismo”. Ripetuto, tre volte. “Quel nord di radici solide, di poche parole, di concretezza”. “Terre così sensate”.


Cotroneo, un oriundo non interessato, e forse un negativista, si memoria lizza ad Alessandria col concittadino Eco. In arte da giovane come Mamurio Lancillotto, si divertiva sul “Sole 24  Ore” a demolire questo e quello. Fra i tanti ci riuscì con Edmondo Aroldi, forse il più geniale, certamente il più proficuo, direttore editoriale del dopoguerra, “creatore” di molti libri e autori. Questo si deve alla sobrietà nordica di Cotroneo-Lancillotto, oppure alle origini? 

È “northern” una categoria editoriale vaga ma precisa: una narrazione o rappresentazione in cui le nebbie e il gelo dominano. A sottolineare analoga qualità dell’anima, il freddo delle passioni. Una temperie che Leslie Fielder sintetizza come “scarna, grigia, smorzata, ritmata al minimo”. Il famoso racconto di Karen Blixen “Babette’s Feast”, poi film celebre, il pranzo di Babette, la rappresenta a contrasto con la vivacità e il calore mediterranei della cuoca francese.

Cucinare, mangiare vuol dire accogliere. La madre che cucina, anche quella che non si siede e non mangia, anzi specie quella, è chioccia: di ospiti, anche estranei, e familiari, nipoti, fratelli, sorelle, genitori, e i figli sempre, e il marito. Officia un rito, non una dipendenza.

Della geografia economica mutevole, instabile, Petrarca ha fatto un quadro esaustivo nell’ultima lettera a Guido Sette, l’amico d’infanzia diventato arcivescovo di Genova – ultima di dodici missive “familiares”, arrivata dopo la morte del destinatario. Tutto vi era stato soggetto nel corso della vita dei due amici, tutti i luoghi dove avevano vissuto o avevano interessi: Avignone, Montpellier, la Francia, Roma, Firenze, Venezia.
Solo il Sud non cambia mai. Neppure per caso. Il Sud è diverso dal resto del mondo, è saldamente  dell’Italia.

Lo Stato-mafia
Andreotti, racconta Guido Quaranta in “Scusatemi, la mafia non esiste”, processato a lungo per mafia, si è sempre difeso con distacco. Con ironia: “Il tempo è sempre stato galantuomo e dimostrerà come molti politici che sostengono di combattere la mafia siano, in realtà, dei mafiosi”. Con cattiveria, di questi politici facendo anche il nome. Che poi è uno, Leoluca Orlando, il sindaco di Palermo: “In materia di mafia me ne intendo meno di Orlando. Anche perché non ho mai vissuto a Palermo”. E: “Orlando, oltre ai cortei, certo utili per sensibilizzare la gente, vorrei sapere cos’altro ha mai fatto di concreto contro la mafia”. Mentre ai suo ultimi governi Andreotti ascrive le leggi infine effettive contro la mafia: il 41 bis, e i sequestri con confisca.
La cosa è vera. Ma si legge così. Fino all’assassinio di Lima, l’accordo c’era, con la mafia. Dopo l’assassinio di Lima ci sono state le leggi speciali. Ma è come se il patto Stato-mafia ci fosse stato, per 130 anni. Nei “Mafiosi della Vicaria”, 1863, che Sciascia ha riscritto nel dramma “I mafosi”, l’accordo è argomentato lungamente. Anche persuasivamente. Per i tanti reciproci benefici – certo, non della legalità, o della società aperta.
Però è anche vero che Andreotti è stato processato per mafia lungamente a Palermo dopo i suoi attacchi a Orlando. Senza fondamento poiché è stato assolto.
È anche vero che lo Stato-mafia che oggi si processa si vorrebbe quello delle leggi infine effettive contro la mafia. 

Il Nord si vuole anche Sud
Da qualche tempo il Nord si vuole anche Sud. L’ingegnere nucleare Felice Vinci ha collocato Omero nel Baltico, l’“Iliade” e l’“Odissea”. E con simile ricostruzione è stato tradotto in tutte le lingue nordiche, svedese, estone, tedesco, inglese, e viene invitato nelle università a riferire. Una tradizione ormai robusta di studi, anche non nordici, vuole gli Argonauti su e giù per il Danubio…
Ma la scoperta non è recente, da tempo il mondo si è capovolto. La punta nord della Norvegia mostrandosi a specchio col Capo di Buona Speranza, fu la somiglianza con l’Africa che nel Cinquecento spinse il Nord a cercare l’Oriente via polo. Fu su questa base che nel 1527 il signor Robert Thorne, mercante inglese a Siviglia, comunicò al suo re la segretissima notizia che si poteva andare a Oriente via polo Nord. Il re Enrico VIII, teologo defensor fidei, ancora felice in prime nozze, non gli credette.
Non si sapeva che i vichinghi si erano spinti tanto a Ovest da aver scoperto da tempo immemorabile l’America. E così si può vedere la punta Nord della Norvegia come un Capo settentrionale di Buona Speranza. Del resto, se l’Europa è una ninfa, le parti basse ce l’ha tra Atene e Napoli, lassù ha gli occhi blu. Sarà questa la ragione dell’attrazione che la Grecia esercita? E se l’Europa è una ninfa in atto di tuffarsi?

Il Nord è sempre visto da Sud, anche le carte dell’impero britannico hanno questo strano sguardo che sale da Sud. E così sembra più alto. Bisognerebbe guardare anche il Nord da Nord.

Calabria
“Fra gli italiani”, afferma Stendhal, “Dell’amore”, “i buoni sono quelli dotati di spirito del viaggio e propensione al sangue: i romagnoli e i calabresi”.
È vero che prosegue, stolidamente: “E, tra  civili, i bresciani, i piemontesi e i corsi” – che però, dunque, sono italiani.

Italo Calvino, nel “Sentiero dei nidi di ragno”, il suo romanzo della Resistenza, dei giovanissimi inesperti, confusionari, indisciplinati, e anche traditori, che hanno scelto nel 1943 la montagna, ha quattro calabresi. Che, benché denominati con titoli aulici, Duca, Conte, Marchese, Barone, non sanno che parlare il dialetto d’origine. Sono sanguinari. Scurrili. E autentici – i pochi non atteggiati di questa narrazione di maniera, più che mai di testa.

“Sostiene Bisi che la prima Loggia italiana è stata fondata a Girifalco (Catanzaro), nel Settecento. E si sa che i calabresi amano le loro tradizioni” , scrive su “l’Espresso” Gianfrancesco Turano, di Reggio Calabria. Bisi è il Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, il capo della massoneria.

C’è – c’era – un “Patriottismo calabro”? “Calabria Sconosciuta” ha celebrato il centenario della Grande Guerra con un numero speciale dedicato ai tanti morti della regione al fronte, e in particolare alle tante medaglie d’oro, naturalmente ala memoria. Negli epicedi dell’epoca, dello Stato  Maggiore, dell’ “Illustrazione Italiana”, dei necrologi, si fa spesso menzione del “patriottismo calabro”. E s’intendeva l’“italianità”. Oggi sarebbe al contrario, contro l’Italia.

È ortogonale al corso del sole: lo vede e lo perde.

Il “New York Times” premia la Calabria, consigliandola per una vacanza. Unico posto in Italia e fra i tre europei, su cinquanta, che consiglia di visitare nel 2017. Per la cucina. Una curiosità, ma anche una promozione non da poco. Nessuno però, tantomeno in Calabria, che vada a vedere che cosa piace , per rallegrarsi, se non per promuoversi.

Si vende un cioccolato “Calabria”, fondente al peperoncino. Lo fabbricano Tancredi e Alberto Alemagna, di Milano, nello stabilimento di Cerro Maggiore, in provincia di Milano.

Si condisce l’insalata in Calabria con le bustine monodose: i calabresi sono molto osservanti delle leggi, specie di queste europee, che impongono il condimento monodose, invece dell’acetoliera, per incrementare i business del packaging e del trattamento rifiuti. L’olio in bustina che si consuma in Calabria, la regione che produce più olio di tutta Italia, si “produce” a Crescenzago.

Palmi ha una squadra di volley femminile in A 2. Playmaker della Golem Volley Palmi è Tifanny, con una effe e due enne, Pereyra de Abreu. Che prima si chiamava Rodrigo Pereyra. Che l’allenatore Giangrossi tiene in speciale considerazione anche “per quanto ha sofferto”. Le compagne amano e servono. E i tifosi seguono come le altre atlete, né rifiuti né morbosità.


Palmi ha anche una scuola di basket, alla quale si è iniziato Kobe Bryant. Proprio lui, il playmaker più prolifico al mondo, dopo Karim Abdel Jabbar e Karl Malone, che si è appena ritirato dopo venti anni di eccellenza con i Los Angeles Lakers. Kobe aveva otto anni, figlio di Joe “Jellybean” Bryant, che la Viola di Reggio Calabria, allora in A, aveva ingaggiato nel 1986\87.

leuzzi@antiit.eu

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