Garibaldi
fu un brigante, anche lui? Come non pensarci? I bersaglieri gli spararono ai
Piani di Aspromonte, e lo arrestarono.
“Bossi
odia tutti i meridionali (e se percepisce poi uno stipendio pagato anche con le
tasse dei meridionali, questo è proprio il capolavoro della malevolenza, dove
all’odio si unisce il piacere del danno e della beffa)”. Questo Eco scriveva
nel 2011 (“Pape Satàn A leppe”, 246), ora magari Bossi è mite, la mano dell’irruenza
è passata a Salvini. Che, non essendo senatore né ministro, non percepisce lo
stipendio dai meridionali. Ma il suo partito sì, è ben spesato.
Lo
fu anche la famiglia di Bossi.
Il
caso Tifanny ha avuto un seguito, la pallavolista brasiliana che è stata uomo
ingaggiata dalla Golem Palmi. La Delta Informatica Trentino, che Tifanny ha
personalmente e quasi da sola sconfitto, medita ricorso. Ma più di tutti
protesta la Millennium Brescia, prossima avversaria del team palmese. Come è
giusto per una città leghista.
Protesta
con Tifanny alla Golem Palmi per la Millennium Brescia un dg di nome Catania. Il
leghismo non ha confini. O: il Sud è terra di quisling.
La linea della
palma
Scandalo
e sconcerto a Milano perché un ragazzo ha dato fuoco a una palma, giornali e tg
allarmati, invocazione all’esercito, e i soliti “chi c’è sotto” e “a chi
giova”. Anche a casa mia i ragazzi hannp dato fuoco a una palma, e non è successo
nulla. Si può dire che una casa in Calabria non è piazza Duomo a Milano – la
palma bruciata era situata in piazza Duomo. Ma l’incendio davanti casa non era
più pericoloso che sulla grande piazza lapidea? Il Nord è per questo
inarrivabile: si protegge anche nelle virgole.
O
lo scandalo nasce perché le palme in piazza del Duomo le ha volute Starbucks,
la multinazionale del caffè, come messaggio promozionale del prossimo sbarco a
Milano? Dev’essere così, lo scandalo lo alimentano i Moratti, che sono soci del
caffettiere americano nei suoi progetti di macdonald’s del caffè in tutta Italia.
Il
ragazzo che ha dato fuoco alla palma è venuto a proposito, per tenere vive le
palme-caffè Starbucks qualche altro giorno, dopo quelli dello scandalo per le
palme in piazza Duomo. Ma Milano non ha
bisogno di conferme, sa fare gli affari.
La
palma è stata incendiata di notte, che la fiamma splendesse, all’ora dell’uscita
dai cinema del centro. Quindi fotografata molto e postata sui social network. Senza
chiamare il 112 o il 113. No lo allertano nemmeno i pompieri, quando
intervengono a incendio spento. È per questo che la proprietà il giorno dopo si
è mobilitata, con suoi apparati di relazioni
pubbliche, per far nascere lo scandalo. Oportet
ut scandala eveniant.
Ma
le palme in piazza Duomo sono piantate o soprammesse - se ne parla come di
installazione estetica? Se piantate, non si è alterato l’assetto lapideo e la
ceduta sgombra di piazza duomo? Fosse successo a Reggio Calabria…. Se sovrammesse,
perché sacrificare le palme a una promozione pubblicitaria? Ma di queste cose i
protettori dell’ambiente non chiedono conto a Milano, il business è sacro.
Sciascia,
che ha inventato la “linea della palma”, la corruzione che dalla Sicilia sale
invasiva, ne sarebbe deluso. L’ottimo Daverio spiega che le palme si Milano non
sono quelle arabe e mediterranee – le vittime “del punteruolo rosso, il
temibile Rhyncophorus ferrugineus,
stupidamente importato da vivai a basso prezzo dall’Egitto dove è endemico”.
No, le palme del Duomo sono quelle nobili “dei giardini di fine Ottocento in
Inghilterra come nell’Italia del Nord”, e vengono dalla Cina”. Oggi paese racé. C’è palma e palma.
Pentiti impuniti
I
pentiti sono delatori, anche nella forma ora legale di “collaboratori di
giustizia”. Delatori, è questa la novità, ora ampiamente remunerati, anzitutto
con la cancellazione dei delitti, e poi coi soldi, molti. Nei casi di mafia e
in quelli di corruzione. In troppi casi anche pentiti di comodo, manovrati da sbirri,
ancorché giudici – troppi pentiti si son mostrati inaffidabili in dibattimento,
alcuni scopertamente montati dalla pubblica accusa.
Eco
va al cuore del fatto, nella riflessione “Chiedere scusa” (ora in “Pape Satàn
Aleppe”): “Una volta chi si pentiva delle sue malefatte anzitutto riparava in
qualche modo, poi si dedicava a una vita di penitenza…. Oggi il pentito si
limita a denunciare i suoi ex compagni, poi o gode di particolari cure con
nuova identità in confortevoli appartamenti riservati, o esce in anticipo dal
carcere e scrive libri, concede interviste, incontra capi di Stato e riceve
lettere appassionate da fanciulle romantiche”. Il crimine (la furbizia, la
sopraffazione) viene celebrato legalmente, e anzi portato a modello.
L’impunità
è al Sud l’origine del crimine. Molti criminali sono intoccabili perché
protetti dai CC. E sono protetti perché sono informatori. In genere a danno
delle persone oneste.
Sicilia
Tutto
e solo siciliano era Cagliostro, il Grande Rimosso. Brillante, cosmopolita, avventuriero dello
spirito, Chiacchierone, autodistruttivo.
Succede
in Sicilia, succederà in Italia.Vi indulge anche Sciascia, che pure ha visto il
mondo ed ha genio posato.
È
superbia normalmente teutonica, delle macchine come della follia – si dice(va)
di Hitler, un’eccezione anch’essa tedesca, perché “tutto avviene in Germania”.
È l’illusione dei perdenti, e rose anche quello che li perde.
Si
distende parallela al corso del sole, che è il corso della civiltà.
In
“Inseguendo un’ombra”, storia di un avventuriero del Quattrocento, un ebreo di
Caltabellotta, convertito, truffatore,
violento, cabalista, pedofilo e stupratore (“il suo dolore è il mio piacere”), Camilleri
fa i siciliani-siciliani non d a meno: non c’è giorno che non facciano un
pogrom nelle giudecche dei loro paesi. Ch non è vero, non c’erano pogrom, e
nemmeno appropriazioni indebite.
Ma l’ebreo, seppure tarato dalla conversione, è
sempre più cattivo del priore o vescovo più cattivo.
Si ricorda Nino Buttitta in morte, l’antropologo, come un flâneur. Come il fratello maggiore Pietro, lo scrittore. E come il
padre Ignazio, il poeta. Curiosi e disincantati, di mille risorse, potenziali. Pigri. Il capitale della Sicilia, intellettuale, è inespresso per lo più, e si bea di esserlo.
In
spregio a Trump, va sotto attacco Taormina per il vertice del G 7 a maggio.
Comincia “L’Espresso” con una cannonata pesante campale. Nulla di che:
l’ossessione americana della sicurezza, le strade strette, le promesse di Renzi
che poi è scomparso, e anzi “di imprese legate a Cosa nostra, in effetti, chi
arriva in città non vede nemmeno l’ombra”. Ma il tutto montato a effetto, tanto
nessuno legge i pezzi – il titolo, a mezza pagina, è “Il gioco dell’appalto”.
E, soprattutto, quanti “esecutori volenterosi” con la voglia di scandalo a
livello locale.
A
Buttafuoco che, come Pif, dà la croce a Crocetta, il presidente della regione,
Cazzullo dal “Corriere della sera” ha buon gioco a intimare: “I siciliani
piangono seduti su un tesoro: che lo aprano”.
Il
tesoro gli viene anche facile da enumerare: “L’isola più bella del mondo, con
mosaici bizantini che neanche a Bisanzio, templi e teatri greci che neanche in
Grecia, cattedrali normanne che neanche in Normandia, vulcani attivi a
strapiombo su spiagge caraibiche, e mari caldi da Pasqua ai Santi”. E l’agricoltura, tutta primizie e specialità?
E la cucina? E le nanotecnologie? E la microelettronica?
È difficile immaginarla. Immaginarne il presidente
Crocetta che va oggi a “Domenica In” su Rai 1, e alle famiglie italiane riunite
spiega che la sua è “una delle regioni più canaglie d’Italia”.
leuzzi@antiit.eu
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