Carboneria – Molto populismo
è agitato dalla teoria del complotto. La quale in Italia ha radici antiche e
anche celebrate, nel vasto – e vario – fenomeno chiamato carboneria. Che a
lungo, per tutto l’Ottocento si può dire (ce ne sono tracce anche nei racconti
di Stevenson), ha caratterizzato l’Italia, l’italiano: un rivoltoso, infido, tenebroso.
“Forse
sarò stato l’ultimo viaggiatore in Italia”, scrisse Stendhal in “Dell’amore”,
legando il segreto e la reazione politica. L’ultimo viaggiatore felice: “Dopo
la carboneria e l’invasione austriaca mai più uno straniero sarà ricevuto da
amico nelle case in cui regnava un’allegria sfrenata”.
La
carboneria è assetto stabile dell’Italia, dove nessuno ha tenuto mai un
segreto. Dice Garin che il principio base dell’ermetismo nel Rinascimento, cioè
dell’Italia, è che “ciò che è in basso è come ciò che è in alto, e ciò che è in
alto è come ciò che è in basso, per realizzare i miracoli dell’unità”.
È
tutto nella carboneria, il ribellismo italiano è carbonaro: repubblicano e
monarchico, socialista e sanfedista, diabolico e beghino, il ribellismo della
bassa forza dell’esercito napoleonico, che trovò in Calabria humus fertile, e da lì risalì a Napoli e
negli altri Stati italiani. Uccise Murat a Pizzo per conto del Borbone, e poi
si rivoltò contro il Borbone – pagata dal principe di Canosa, che del Borbone
era ministro di Polizia.
Ebraismo – Nasce guglielmino, prussiano.
Diventa molto tedesco, in una col nascente sionismo, nella Germania
guglielmina, quando cioè la Germania diventa prussiana. Nelle lettere, le
professioni, le arti, e fino all’arte militare. L’attrattiva è irresistibile
dello junker e della durezza militare.
Jünger ne dà un
esempio nell’ottimo medico che lo cura da ragazzo, nel racconto “Tre
strade per la scuola”, e nei suoi familiari. Il dottore – forse ebreo anche
lui, si chiama Edelstein – si è formato a Vienna, dove Freud debutta. È sempre
sereno e equilibrato, ed è l’unico che capisce il giovane Wolfram-Ernst. Ma ha
un cognato, marito di sua sorella, che si chiama Cohn, Werner Cohn, e per
questo è infelice – il cognato è infelice del nome. È gioielliere in Russia
dove fa ottimi affari, ma vuole, ardentemente, tornare in Germania, e intanto
manda dal cognato medico suo figlio, facendolo chiamare Krome, Siegfried Krome.
Questo non lo libera, ed è devastato da “un tic nervoso”: si sente uno junker
rinchiuso fuori patria. “La cosa grave”, spiega il dottore ai genitori di
Wolfram, è che il tic lo ha trasmesso al figlio Siegfried, che il medico, sposato
senza figli, ama molto: il ragazzo vuole “diventare ufficiale, e della
cavalleria prussiana per giunta”.
Feudalesimo - “Al tempo dell’economia
feudale si rubava ai ricchi per dare ai poveri, mentre dopo l’avvento
dell’economia d mercato si ruba ai poveri per dare ai ricchi”, U. Eco, “Pape
Satàn Alepe”, 60.
Germania - È il paese della caccia
alle streghe.
Almeno
la metà dei centomila processi, e delle innumerevoli (milioni) vittime si
produssero in Germania. Non in due anni, in duecento. Non all’epoca della
selva, nel Cinque-Sei-Settecento.
Hacker – Eco lo vuole
brufoloso e casalingo, uno che non è cresciuto e non sa camminare eretto,
incespica, e si perde qualora dovesse uscire di casa. Nonché un collaboratore,
suo malgrado, del “sistema” (“L’hacker è essenziale al sistema”, in “Pape Satàn
Aleppe”). “È una specie di stilita”, dice Eco, “di padre del deserto”,
monomaniaco, dell’elettronica. Ma non magro: “Sono tutti così, grassi, impacciati,
mal sviluppati, cresciuti solo davanti allo schermo”. Con poche idee, anzi con
una sola, sbagliata. Crederà “di agire nello «spirito di Seattle», e cioè di opporsi al nuovo Moloch”, all’industria
elettronica che ogni giorno sforna novità, tenendoci in subordinazione perpetua
e in debito – in debito in senso proprio, con la banca. Di fatto spinge l’elettronica
“a innovare ancora di più e con maggiore celerità”.
Irlanda.- Yeats e Joyce
naturalmente, e Bernard Shaw, e Beckett, come già Oscar Wilde. E Bram Stoker, e
Swift. E ora Edna O’Brien, Tóibin, Seamus Heaney - giusto Banville resta, per testimoniare.
Il popolo forse più nazionalista, nel senso delle radici e delle tradizioni,
del culto del luogo e della storia, è più emigrato che stabile. Emigrato di necessità, ma anche – ai
tanti illustri letterati si affiancano politici e manager – per scelta. Forse
per il retaggio celtico, che porta l’irlandese a trovarsi a suo agio in luoghi diversi
– non solo dove la comune lingua inglese è in uso, anche in Italia e in
Francia. Ma sempre legato alle tradizioni e alla “patria”, al nome, alla
storia, alla comunità, sempre a un luogo. Non romanizzata ma sì cattolica. Non anglosassone
ma ben inglese.
Il senso
è forte di appartenenza – come per i russi, che pure preferiscono la Riviera o
la Versilia, e talvolta, i letterati, si professano antirussi. E di espatrio,
in patria e fuori – come per i russi. E di nostalgia. Di un altro mondo che in
realtà non può prospettarsi migliore – reazionario o ribellista. Un mondo non
di esiliati, quindi, sia pure di propria iniziativa, ma di nomadi. Come se il
radicamento inscalfibile andasse in parallelo col nomadismo. Anche questa
un’eredità celtica? In una terra di contadini, devoti parrocchiani.
Italiano – È Walter De Mauro l’ultimo Mohicano? O non è all’origine, come pedagogista, dell’abbandono dell’insegnamento dell’italiano, che quarant’anni bollava come “individualistico” e “classista”? Nonché da responsabile, da ultimo come ministro nel 2001 e in precedenza per l’influenza esercitata sull’ex Pci, compreso il suo predecessore Luigi Berlinguer, e sui sindacati di settore, dello stravolgimento degli studi umanistici, nei licei e all’università – l’abbandono del greco e del latino, della storia, della geografia. Non era un pedagogo, era un linguista, ma in posizione influente nella politica e nella politica scolastica. Che ha curvato all’inseguimento di una imprecisata modernità, un presunto corso di studi anglosassone, della scuola-lavoro, della gestione manageriale, etc. Un indirizzo tuttora dominante nella burocrazia ministeriale e nei sindacati di settore.
È in questa veste un santone dell’ex Pci, e quindi non contestabile. Solo mozioni degli affetti nei riti della scomparsa. Lo storico Galli della Loggia, che martedì 7 ha collegato sul “Corriere della sera” la denuncia dell’analfabetismo di ritorno da parte dei docenti delle facoltà umanistiche ai precetti anni 1970 di De Mauro, è rimasto isolato e criticato. Sul web i sindacati della scuola si stracciano le vesti, e i giornalisti del giornale nei loro blog glissano e comunque salvano il linguista.
Sovietismo - È morto come istituzione
ma è trapassato nella prassi politica e nei sistemi elettorali. Ovunque
proliferano i partiti del Capo e leggi elettorali del candidato unico, il
candidato dall’alto.
11
Settembre – Il ricordo
si è celebrato in sordina dei quindici anni dall’attacco agli Usa. All’insegna
della rassegnazione. Dopo lo sbarco del terrorismo islamico, con stragi a ripetizione,
ovunque, in Pakistan, Iraq, Siria, Egitto, ma anche a Parigi e Berlino, dopo
Londra e Madrid. E negli stessi Usa, a Fort Hood, Boston , Chattanooga, San
Bernardino, Orlando.
A lungo e in molti ambienti, anche molto colti
(in Italia Cardini, Vattimo, in America Gore Vidal), si è almanaccato su un
trucco o un complotto, un sorta di attacco autogestito dagli stessi Usa per poter
fare la guerra in Medio Oriente. Una sciocchezza, anche grave, che però è durata
qualche anno, fino agli attacchi in Europa e a ripetizione negli Usa, come una
forma di autorassicurazione,: il fatto “non poteva” essere successo. Oggi si
direbbe che il male è con noi, senza possibilità di difesa - Trump ne è un
effetto.
astolfo@antiit.eu
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