Don
Bosco – Allegro
e sadico, per questo desueto? Un santo che influisce molto, attraverso l’ordine
da lui fondato, i salesiani, e nella chiesa in genere, per l’attenzione ai giovani,
ai poveri, agli sconfitti. Ma rimosso. Il suo manuale pedagogico, “Il giovane
provveduto”, ha pagine cattivissime sul peccato e la morte.
Elettronica
di consumo – Ha una
velocità eccessiva di ricambio. E fa perdere tempo più che liberarne.
Procedimenti e utensili si rinnovano a velocità insostenibile, con effetto di
sostituzione prima ancora del pieno
sviluppo e utilizzo dei precedenti. Causando in tropi casi ingolfamenti –
alcuni famosi sono degli stessi sistemi di scrittura Windows. Forse per un
eccesso di sensibilità alla concorrenza. Sicuramente con l’esito di
massimizzare la spesa, di alimentarla costantemente. Un effetto cui concorre
anche con la politica del prezzo civetta, minimo (frantumato) o in riduzione.
Per questo eccesso di velocità è anche
inemendabile. Anche nelle procedure riconosciute nocive, per esempio in face
book. È asservitrice più che liberatoria.
Giuda – Divide con Ponzio Pilato il proscenio delle
evocazioni evangeliche: non è tempo di martiri, e neppure di apostoli, ma di
traditori e menefreghisti. Da Scorsese (i suoi gesuiti di “Silence” si vedono alla
fine sicofanti dei persecutori nipponici) a Amos Oz: la salvezza attraverso il
tradimento. Come tutto in questa epoca di crisi, anche la fiducia viene confusa
col suo opposto, il tradimento. Non tanto per un gioco dialettico, o degli opposti
che si toccano, ma per uno scadimento e forse una confusione: il rimescolamento
dei valori in un pantano, un terreno abbandoanto.
Merita ricordare che Oz ripropone
Giuda sulla scia di Scholem Asch, scrittore yiddisch,
polacco emigrato negli Usa – Shemuel Asch si chiama il protagonista di Oz, uno
studente in crisi. Asch nel 1939, nel romanzo “Il Nazareno”, fece di Giuda
l’agente del Cristo: tradisce perché Cristo ne ha bisogno per completare il suo
disegno. Giuda, quindi, come quello che ha innescato il cristianesimo.
Che di Cristo e delle sue parole ha consentito la Passione, e quindi la Morte e
la Resurrezione, e quindi il coagularsi della sua figura e il suo messaggio nella
dottrina cristiana e anzi nella chiesa.
Ma già
Borges e Caillois avevano preceduto Oz. Non sulla scia di Asch, ma di
De
Quincey, che il Giuda salvatore ha proposto un secolo e mezzo fa. Il Giuda
salvatore era “un’ipotesi tedesca” per De Quincey, “Giuda Iscariota”: “Giuda
Iscariota condivise la comune delusione degli apostoli circa il regno terreno
che, con l’avallo e gli auspici di Cristo, essi credevano predestinato e
prossimo a maturazione per il popolo ebreo”. Decise allora di provocare il
Cristo all’azione (alla crocefissione), di “comprometterlo”.
Come i
suoi “fratelli apostoli”, così De Quincey sintetizza l’“ipotesi tedesca”, Giuda
era calato nel “vecchio progetto biblico”, del Messia liberatore politico:
“Nella loro mente, come nella sua, non si era
ancora fatta strada l’intuizione della vera grandezza del messaggio cristiano”.
Non è
tutto. Gesù era il messia, continua De Quincey:
“Attraeva a sé le folle”, e questo è il segno più sicuro della sovversione, ciò
che più turba i poteri, quale ne sia la ragione, verità o dubbio: è “la paura
del cambiamento” che “turba i monarchi”. Dunque, Cristo è un rivoluzionario
mancato. Non fosse stato per Giuda, che lo convince al sacrificio.
Per lo
stesso motivo poi Giuda finì male, suicida. Ma, benché suicida, De Quincey vuole
che non si condanni. “Quanto più Giuda fu incline all’audacia, tanto meno può
essere sospettato di ambiguità. Credeva di realizzare i più intimi propositi di
Cristo”. E insieme “i desideri e le aspirazioni segrete della plebe di
Gerusalemme”. Male e bene uniti nella lotta.
Oz fa
finire la storia diversamente: Giuda si suicida quando perde la fede. Ha spinto
Gesù alla crocifissione, ma non regge all’idea del figlio di Dio morto.
Grillo – Si può dire un prodotto del
Sessantotto – è del 1948. Nel movimentismo, e nella radicalità. Anche
nell’ambiguità politica, tra “valori” di sinistra e di destra. Un prodotto
atipico, oltre che tardivo, poiché non ha fatto parte del movimento, in nessuna
forma. Ma ne ha mediato lo spontaneismo, e la radicalità –
imprevedibilità.
Iscrizioni
– Il patrimonio
architettonico romano in Libia richsiò la cancellazione nel 1970, subito dopo
la presa del potere da arte di Gheddafi. Che, in sintonia con le Guardie Rosse
di Mao, aveva dichiarato la cancellazione di tutte e iscrizioni imperialiste.
Si cominciò con le targhe dell’occupazione coloniale, quasi tutte peraltro di
epoca fascista – ma la gran parte furono nascoste dai curatori del museo di
Tripoli negli scantinati. Poi si cominciò con le antichità romane partendo da
Sabratha. Senza il fanatismo e la ferocia delle Guardie Rosse: tutto era affidato
a uno scalpellino, che poi era un custode, ignorante. Ma qui,dopo pochi giorni,
alle prime segnalazioni allarmate dei visitatori, l’ordine fu fermato.
Le iscrizioni devono possedere magia potente, ancorché illeggibili. L’arte
ha esiti sicuramente terapeutici, quasi taumaturgici. La pietra stessa diventa
nell’arte più pietra. Si ricorda
che gli assiri di Urmia scorticavano gli
inglesi quando li beccavano a trascrivere antiche iscrizioni. Che
non erano le loro, gli assiri erano arrivati nella regione
non prima del settimo secolo. E che poi, partiti gli inglesi, hanno lasciato ai curdi, i quali la
abitavano prima e non avevano cessato di combatterli. Pure i Borbone di Napoli
proibivano la trascrizione delle lapidi a Pompei.
Movimenti – Non hanno prodotto
leadership, né il Sessantotto né il Settantasette. Capanna, Boato, lo stesso
Sofri? Hanno rinnovato, anzi ribaltato, la società, per moltissimi aspetti,
l’etica, il diritto di famiglia, il diritto del lavoro, e i linguaggi, ma non
hanno espresso nessuna forma di leadership politica, se non questa, tarda, di
Grillo. Tra i politici ancora in attività si possono ricondurre al Sessantotto
D’Alema e Bersani, che però sono piuttosto un prodotto del Pci, anche se hanno
flirtato coi movimenti - mentre Grillo non era in politica e non era nel
movimento.
Sacco di
Roma –
Nonché dominante nel romanzo di Manzoni, e nella storia del Sud Italia, la
Spagna è stata la più grande nemica dell’Italia indipendente, da Carlo V a
Filippo III. Dal “sacco di Roma” nel 1527 alla congiura spagnola di Venezia, o
di Bedmar un secolo dopo, nel 1618. Un secolo che ha visto consolidarsi i grandi
Stati europei, ma non l’Italia, per la repressione spagnola.
Col “sacco di Roma” il cattolicissimo
imperatore Carlo V umiliava il papa, contro il quale mandò per spregio i
lanzichenecchi tedeschi. E col papa avvilì Roma, ciò che Roma ancora rappresentava
nella politica e nell’idealità europee.
La congiura spagnola a Venezia nel 1618 era
stata preparata dall’ambasciatore, marchese di Bedmar. Su istruzioni del duca
di Osuna viceré di Napoli, Pedro Tellez Giròn. Si trattava semplicemente,
abbattuta la repubblica, di impadronirsi delle terre veneziane, in terraferma
in Italia, e lungo le coste del Mediterraneo orientale, dall’Adriatico in giù. Venezia
non era comunque più in grado di rispondere al gesto ostile: scoperta la
congiura, si limitò a rimpatriare l’ambasciatore.
astolfo@antiit.eu
Nessun commento:
Posta un commento