lunedì 27 febbraio 2017

Il mondo com'è (296)

astolfo

Don Bosco – Allegro e sadico, per questo desueto? Un santo che influisce molto, attraverso l’ordine da lui fondato, i salesiani, e nella chiesa in genere, per l’attenzione ai giovani, ai poveri, agli sconfitti. Ma rimosso. Il suo manuale pedagogico, “Il giovane provveduto”, ha pagine cattivissime sul peccato e la morte.

Elettronica di consumo – Ha una velocità eccessiva di ricambio. E fa perdere tempo più che liberarne. Procedimenti e utensili si rinnovano a velocità insostenibile, con effetto di sostituzione  prima ancora del pieno sviluppo e utilizzo dei precedenti. Causando in tropi casi ingolfamenti – alcuni famosi sono degli stessi sistemi di scrittura Windows. Forse per un eccesso di sensibilità alla concorrenza. Sicuramente con l’esito di massimizzare la spesa, di alimentarla costantemente. Un effetto cui concorre anche con la politica del prezzo civetta, minimo (frantumato) o in riduzione.
Per questo eccesso di velocità è anche inemendabile. Anche nelle procedure riconosciute nocive, per esempio in face book. È asservitrice più che liberatoria.

Giuda – Divide con Ponzio Pilato il proscenio delle evocazioni evangeliche: non è tempo di martiri, e neppure di apostoli, ma di traditori e menefreghisti. Da Scorsese (i suoi gesuiti di “Silence” si vedono alla fine sicofanti dei persecutori nipponici) a Amos Oz: la salvezza attraverso il tradimento. Come tutto in questa epoca di crisi, anche la fiducia viene confusa col suo opposto, il tradimento. Non tanto per un gioco dialettico, o degli opposti che si toccano, ma per uno scadimento e forse una confusione: il rimescolamento dei valori in un pantano, un terreno abbandoanto.

Merita ricordare che Oz ripropone Giuda sulla scia di Scholem Asch, scrittore yiddisch, polacco emigrato negli Usa – Shemuel Asch si chiama il protagonista di Oz, uno studente in crisi. Asch nel 1939, nel romanzo “Il Nazareno”, fece di Giuda l’agente del Cristo: tradisce perché Cristo ne ha bisogno per completare il suo disegno. Giuda, quindi, come quello che ha innescato il cristianesimo. Che di Cristo e delle sue parole ha consentito la Passione, e quindi la Morte e la Resurrezione, e quindi il coagularsi della sua figura e il suo messaggio nella dottrina cristiana e anzi nella chiesa.
Ma già Borges e Caillois avevano preceduto Oz. Non sulla scia di Asch, ma di
De Quincey, che il Giuda salvatore ha proposto un secolo e mezzo fa. Il Giuda salvatore era “un’ipotesi tedesca” per De Quincey, “Giuda Iscariota”: “Giuda Iscariota condivise la comune delusione degli apostoli circa il regno terreno che, con l’avallo e gli auspici di Cristo, essi credevano predestinato e prossimo a maturazione per il popolo ebreo”. Decise allora di provocare il Cristo all’azione (alla crocefissione), di “comprometterlo”.
Come i suoi “fratelli apostoli”, così De Quincey sintetizza l’“ipotesi tedesca”, Giuda era calato nel “vecchio progetto biblico”, del Messia liberatore politico: “Nella loro mente, come nella sua, non si era ancora fatta strada l’intuizione della vera grandezza del messaggio cristiano”.
Non è tutto. Gesù era  il messia, continua De Quincey: “Attraeva a sé le folle”, e questo è il segno più sicuro della sovversione, ciò che più turba i poteri, quale ne sia la ragione, verità o dubbio: è “la paura del cambiamento” che “turba i monarchi”. Dunque, Cristo è un rivoluzionario mancato. Non fosse stato per Giuda, che lo convince al sacrificio.
Per lo stesso motivo poi Giuda finì male, suicida. Ma, benché suicida, De Quincey vuole che non si condanni. “Quanto più Giuda fu incline all’audacia, tanto meno può essere sospettato di ambiguità. Credeva di realizzare i più intimi propositi di Cristo”. E insieme “i desideri e le aspirazioni segrete della plebe di Gerusalemme”. Male e bene uniti nella lotta.
Oz fa finire la storia diversamente: Giuda si suicida quando perde la fede. Ha spinto Gesù alla crocifissione, ma non regge all’idea del figlio di Dio morto.

Grillo – Si può dire un prodotto del Sessantotto – è del 1948. Nel movimentismo, e nella radicalità. Anche nell’ambiguità politica, tra “valori” di sinistra e di destra. Un prodotto atipico, oltre che tardivo, poiché non ha fatto parte del movimento, in nessuna forma. Ma ne ha mediato lo spontaneismo, e la radicalità – imprevedibilità. 

Iscrizioni – Il patrimonio architettonico romano in Libia richsiò la cancellazione nel 1970, subito dopo la presa del potere da arte di Gheddafi. Che, in sintonia con le Guardie Rosse di Mao, aveva dichiarato la cancellazione di tutte e iscrizioni imperialiste. Si cominciò con le targhe dell’occupazione coloniale, quasi tutte peraltro di epoca fascista – ma la gran parte furono nascoste dai curatori del museo di Tripoli negli scantinati. Poi si cominciò con le antichità romane partendo da Sabratha. Senza il fanatismo e la ferocia delle Guardie Rosse: tutto era affidato a uno scalpellino, che poi era un custode, ignorante. Ma qui,dopo pochi giorni, alle prime segnalazioni allarmate dei visitatori, l’ordine fu fermato.
Le iscrizioni devono possedere magia potente, ancorché illeggibili. L’arte ha esiti sicuramente terapeutici, quasi taumaturgici. La pietra stessa diventa nell’arte più pietra. Si ricorda che gli assiri di Urmia scorticavano gli inglesi quando li beccavano a trascrivere antiche iscrizioni. Che non erano le loro, gli assiri erano arrivati nella regione non prima del settimo secolo. E che poi, partiti gli inglesi, hanno lasciato ai curdi, i quali la abitavano prima e non avevano cessato di combatterli. Pure i Borbone di Napoli proibivano la trascrizione delle lapidi a Pompei.

Movimenti – Non hanno prodotto leadership, né il Sessantotto né il Settantasette. Capanna, Boato, lo stesso Sofri? Hanno rinnovato, anzi ribaltato, la società, per moltissimi aspetti, l’etica, il diritto di famiglia, il diritto del lavoro, e i linguaggi, ma non hanno espresso nessuna forma di leadership politica, se non questa, tarda, di Grillo. Tra i politici ancora in attività si possono ricondurre al Sessantotto D’Alema e Bersani, che però sono piuttosto un prodotto del Pci, anche se hanno flirtato coi movimenti - mentre Grillo non era in politica e non era nel movimento.

Sacco di Roma – Nonché dominante nel romanzo di Manzoni, e nella storia del Sud Italia, la Spagna è stata la più grande nemica dell’Italia indipendente, da Carlo V a Filippo III. Dal “sacco di Roma” nel 1527 alla congiura spagnola di Venezia, o di Bedmar un secolo dopo, nel 1618. Un secolo che ha visto consolidarsi i grandi Stati europei, ma non l’Italia, per la repressione spagnola.
Col “sacco di Roma” il cattolicissimo imperatore Carlo V umiliava il papa, contro il quale mandò per spregio i lanzichenecchi tedeschi. E col papa avvilì Roma, ciò che Roma ancora rappresentava nella politica e nell’idealità europee.
La congiura spagnola a Venezia nel 1618 era stata preparata dall’ambasciatore, marchese di Bedmar. Su istruzioni del duca di Osuna viceré di Napoli, Pedro Tellez Giròn. Si trattava semplicemente, abbattuta la repubblica, di impadronirsi delle terre veneziane, in terraferma in Italia, e lungo le coste del Mediterraneo orientale, dall’Adriatico in giù. Venezia non era comunque più in grado di rispondere al gesto ostile: scoperta la congiura, si limitò a rimpatriare l’ambasciatore.

astolfo@antiit.eu

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