La cosa più sorprendente, di questa
sorprendente galleria di immagini, è che Hitler è fotografato – ideato, presentato
– in modo creativo. Come sarà poi, nel caso più famoso, con la regista Leni
Riefenstahl. Ma questo già agli inizi, quando non era nessuno. E anzi aveva appena
cominciato a occuparsi di politica, a trent’anni e più. Da smobilitato senza arte
né idee. Dopo una lenta giovinezza di dissipazione: velleitaria, confusa. Da
parte di operatori e fotografi anonimi, ma con una certa visione della politica
e della vita. Il nazismo è nato con la coreografia, con la rappresentazione del
nazismo.
Giorgio Galli potrebbe trarne la
conferma alla sua tesi che Hitler era socio di società occulte e occultiste, o
da esse portato. Tesi che qui ribadisce, e non manca naturalmente di convalidare
con infiniti indizi – eccetto questo, il più evidente. Non persuasivamente – è incerto
pure lui. Hitler Galli dice “una personalità tra le più complesse della storia,
la cui formazione intellettuale rimane un problema”. Ma è tutto detto chiaro in
“Mein Kampf”, che bisogna forse leggere per intero, per quanto indigesto”. Il
mensile americano “The Atlantic”, nel numero di marzo del 1932, pubblicato a
febbraio e scritto a gennaio, nella campagna presidenziale in cui Hitler
sfidava il venerabile Hindenburg, dà una lettura molto semplice e molto precisa
di quello che Hitler era e faceva e avrebbe detto e fatto.
Hitler purtroppo non è un mistero. Non è
nemmeno occulto – ha solo perso la guerra.
Giorgio Galli (a cura di), Hitler e il nazismo. Album del Terzo Reich,
Rizzoli, pp. 303, ill. € 16
Galli, del resto, non manca alcuni punti
solidi. Hitler era un incorrotto – conta? conta molto, anche se non sempre per
il bene. E fu il prodotto della povertà, della crisi che investì la Germania in
conseguenza del crac di Wall Street a ottobre del 1929: prima non arrivava al 3
per cento, benché disponesse di squadracce molto bene organizzate ed equipaggiate,
in tutta la Germania.
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