Nel 1991, andando verso i cento anni, Jünger
rievoca l’infanzia e la scuola, materna, elementare, media. Che tutte richiedevano
l’attraversamento del parco comunale, ma con tre diversi itinerari, lungo i
quali il piccolo Wolfram ogni mattina si perde, dietro alle pietre, le piante,
gli uccelli acquatici del laghetto. Da qui il titolo. Un’occasione per
ricordare le vecchie scuole, di maestri barbuti, dal colletto rigido. Il nonno,
lui stesso maestro, col quale spesso si accompagna. Il medico che lo salva
dalle apprensioni sbagliate di maestri e genitori. E le letture inesauribili di Karl May, il Salgari tedesco. Un’esperienza conclusa in
una scuola privata, da ritardato.
“Vendetta tardiva” è il sottotitolo
(solo siglato in originale, Sp.R.,
cioè Späte Rache, vendetta tardiva),
ma il ricordo è amabile. Di aneddotica pacata, tanto quanto è asciutta. La
vecchia domestica, che ha già vuoti di memoria – come il ragazzo Wolfram. Il
“panorama” costruito sul terrazzo di casa, con rifiuti e altri oggetti di
scarto. La collezione di sassi. I maestri, i “maestri ginnasiali” delle
elementari, i professori alle medie. La lettura assidua, anche di notte. Con la
predilezione per Karl May e l’avventura. Il padre e la madre, assenti – il
padre è raffigurato come ufficiale dell’esercito, in missione all’estero,
mentre era un farmacista. Le fantasticherie.
Un’evocazione non infedele. L’eremita di Wilflingen nell’Alta Svevia, la mitica
Burgundia, dove ha eletto dimora in un castello degli Stauffenberg, si rivede
fanciullo. Sui toni
dell’elegia anche quando è critico. Anche su temi irti, come l’antisemitismo –
e l’acuto germanesimo ebraico. Per lo speciale dono della narrazione che lo
distingue – qui agevolato dalla traduzione scorrevole di Alessandra Iadicicco. È
“dopo” che lo scrittore si manifesta, attento e acuto. Finito il liceo fugge, a
diciott’anni, nella Legione Straniera. Rimpatriato in tempo per lì arruolamento
volontario della Grande Guerra, vi maturerà d’un tratto la capacità di analisi
e la voglia di raccontare. Dando ragione al medico neurologo, il dottor
“Edelstein” – ebreo? – che lo hanno tenuto al riparo dalle incomprensioni
familiari. E al nipote del dottore, Siegfried “Krome” Cohn, alla sua semplice
lezione che “non vi è nulla, alla lunga, di cui non si finisca per riderci
sopra”.
L’adolescente fu frustrato ma non domo,
e anzi in qualche modo stimolato, dalle sue stesse debolezze oltre che dalle rigidità della
scuola. Il racconto è più che una nostalgia: sottotraccia corre il filo
jüngeriano della resistenza. Dell’individualità che in qualche modo va
riconosciuta se non protetta, contro le istituzioni o potere, tanto più se
sordo e cieco. Che ha segnato Jünger nei racconti, i diari e le analisi della
guerra. Di un ribellismo bene indirizzato, produttivo - politicamente conservatore e non eversivo.
Ernst Jünger, Tre strade per la scuola, Guanda, pp. 74 € 10
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