Barney
– “The
New Yorker” riesuma un ricordo degli anni parigini della sua vecchia
corrispondente dalla capitale francese, Janet Flanner. Che celebra con gusto
gli anni 1920, con Hemingway, Gertrude Stein e gli altri. Tribade rinomata, amante
dei cappotti e dei berretti militari, Flanner evoca anche Djuna Barnes, che
affettava invece modi femminili. Ma, pur dicendosi frequentatrice assidua di
rue Jacob, non ne menziona la patrona del luogo, la ricca scrittrice Natalie
Clifford Barney, bella e intrepida cantora de “la bocca di su e la bocca di
giù” - “Almanach des dames”. La concorrenza può essere spietata in certi ambiti.
Céline – Sartre, che sarà il grande nemico di Céline nel 1944, nel
1938 aveva debuttato nella narrativa col suo poi più celebre testo, “La Nausea”.
Un testo molto riscritto, controllatissimo, all’ombra di Céline, che cita in esergo:
“È un giovane senza importanza collettiva, è soltanto
un individuo”. Del Céline di “L’Église”, la “farsa” della dirigenza a
Ginevra delle Nazioni Unite – la chiesa. Un testo del 1926, a cui Céline teneva
molto benché lo rubricasse derisoriamente, ma gli fu rifiutato da Gallimard, ed
era stato pubblicato da Denoël qualche mese prima della “Nausea”.
Nel 1938
Céline non era ancora il sulfureo fascista antisemita delle future polemiche di
Sartre. Ma aveva pubblicato già tre libelli, “Mea culpa”, “Bagattelle per un
massacro” e “La scuola dei cadaveri”.
Forse non
è opportunista, il Sartre tra l’osanna e l’indignazione, per un motivo. Il
motivo è che l’antisemitismo negli anni 1930 non era ancora un peccato, non uno
grave: “La chiesa” ha, tra i luoghi comuni sulle massonerie, l’ebreo cinico
Yudenzweck (“la cosa ebraica”), uomo senza emozioni. Senza dire che su
Yudenzweck sembra ricalcato il Solal di tanti libri di Albert Cohen, anch’egli
per qualche tempo ginevrino, anche alla Società delle nazioni – Cohen all’Ilo,
l’organizzazione del lavoro, Céline alla futura Oms, l’organizzazione mondiale
della sanità).
Messkirch
è vicino Sigmaringen. Nella riserva naturale dell’Alto Danubio. Tra le due località,
ideale raccordo all’interno del parco, il castello di Wildenstein, dove nel
1944 era stata trasferita la facoltà di Filosofia di Friburgo – un luogo che Elfride
Heidegger, la moglie del filosofo, aveva a lungo progettato come centro di
ritiro per circoli spirituali. Immaginare uno Heidegger a colloquio, magari casuale,
con Céline non sarebbe improbabile – non più di quello, che è testimoniato, con
Celan.
Coscienza – “Si poteva
parlare di coscienza nel Medio Evo”, si domanda il protagonista hamsuniano di
“Fame” a mezzo di un dramma che sta scrivendo, medievale, un mistero, e si
risponde: “La coscienza fu inventata da quel vecchio maestro di ballo,
Shakespeare”.
Dizione – Si rivede in tv Fausto
Brizzi”, “Pazze di me”, e si segue tutto il dialogato, che è la spezie del film.
Perché Brizzi ha utilizzato, nei tanti ruoli femminili, tre o quattro sorelle,
una mamma, una nonna, un paio di fidanzate, attrici di teatro, magari non avvenenti, invece
che le solite belle ragazze, che hanno terminato il loro compito col trucco
maliardo.
Giallo – Eco ne
fa (“Pape Satàn Aleppe”, 154, una vecchia “bustina di Minerva” sull’“Espresso”
nel 2001) opera metafisica, ma non per scherzo. La “deduzione” di Sherlock
Holmes dicendo l’“abduzione” di Peirce, procedimento logico che non occorre
definire. E inisiste: “Non a caso in inglese si designa questo genere come whodunit, vale a dire chi lo ha fatto,
quale è la causa di tutto questo? Era la questione che si ponevano già i presocratici
e che non abbiamo smesso di porci”.
Sherlock
Holmes Eco dice anche scientifico, benché ignorante. E complessivamente
“tutto”: “Un’esperienza di lettura che ti diverte e al tempo stesso ti provvede
una consolazione metafisica, un invito alla ricerca , e un modello di
interrogazione per opere dai misteri ben più insondabili”. Eco a volte esagera.
Prosa - “Soddisfattissimo quando ho
scritto una pagina senza assonanze né ripetizioni”, Flaubert.
Poe - Fu latinista. E italianista. In un piego di libro portatile
ha trascritto molti versi di Milton e Shakespeare, dei quali pure affettava una
bassa reputazione. Trascrizioni che forse gli servivano per lezioni e
conferenze che teneva di letteratura, per guadagno. Di Milton ha trascritto, tra
altre composizioni, tre sonetti e due canzoni in italiano, composizioni
giovanili del poeta, “Donna leggiadra”. “Qual in colle aspro”, “Parole adorne
di lingua”, “Ridonsi donne giovani”, “Giovane piano, e semplicetto”. Alle
composizioni affiancava la traduzione di William Cowper, ma era evidentemente
in grado di leggerle nell’originale, la trascrizione è senza errori di
orgografia, nemmeno uno.
La gatta Poe chiamò Caterina, gioco di parole con l’inglese cat, gatto, il nome femminile italiano.
Fu autore di molti pseudonimi. Pur avendo deciso di fare
l’uomo di lettere in adolescenza, malgrado le tante vicissitudini di bambino
orfano (il padre lo abbandonò a un anno, la madre morì al secondo anno non compiuto),
in affido a una famiglia estranea. Il primo fu Gaffy, che era il soprannome con
cui lo chiamavano al college in Scozia. Firmò Henri Le Rennet la raccolta “Tamerlane
and Other Poems”, probabilmente per nascondersi dai creditori – Poe viveva
dei diritti d’autore e del lavoro di pubblicista. “Il corvo” però firmerà
Quarles, probabilmente un gioco di parole (“quarrel” è “litigio”). All’arruolamento nell’esercito aveva
dato il nome di Edgar A. Perry. Ancora ai quarant’anni chiedeva alla zia Maria
Clemm (Maria Poe Cemm, sorella del padre) di inviargli una lettera indirizzata
a E.S.T. Grey – morirà all’improvviso pochi giorni dopo.
Selfie – È una forma di voyeurismo? Céline, nelle interviste, traccia
due tipi: il voyeur e
l’esibizionista. Chi osserva il mondo (“le cose”) e chi mette in mostra se
stesso (psicologismo, memoria, flusso di coscienza, di parola, etc.).
Sherlock Holmes – È un
mito – un personaggio a cui si appiccicano ex voto e richieste di grazia,
pensierini personali, fantasie. È creazione dall’esterno, dei devoti. Che
furono tali subito, e tanto che proliferarono a macchia d’olio, una tradizione
innescando intenibile. A leggerlo, riga per riga, è noioso, divagatore senza
necessità, incontinente, per le troppe parole con cui Conan Doyle lo circonda,
e richiede molta buona intenzione - Conan Doyle è scrittore a riga, com’era l’uso.
Teatro – “Una metà del piacere
provato a teatro sorge dalla simpatia dello spettatore con il resto del
pubblico”, E.A.Poe, “Marginalia”, CCXXII. È per questo che un mediocre
messinscena a Londra è entusiasmante di
una eccellente a Roma, dove il pubblico è abulico – non si capisce perché si
sia scomodato, in tutti i teatri, anche in queli off, e off-off. Specie per
lo spettacolo in musica, all’Opera o all’Auditorium. Dove cioè ogni esecuzione
è un fatto diverso.
letterautore@antiit.eu
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