Accademia - All’Accademia Francese, la più prestigiosa, fanno la fila per
entrare, e sono accolti, i letterati più modesti. I migliori non si candidano o
sono respinti: Aragon, Bachelard, Beauvoir, Bernanos, Breton, Camus, Céline,
Césaire, Colette, Duras, Gide, Giono, Gracq, Le Clézio, Malraux, Modiano,
Perec, Proust, Sartre, Simenon, Tournier. Questa la lista che Franz-Olivier
Giesbert fa dei respinti eccellenti su “Le Magazine Littéraire”.
Camus, Sartre, Le Clézio, Modiano sono premi Nobel.
Del passato Giesbert ricorda Anatole France, l’accademico per
eccellenza, per questo anche premio Nobel, “del tutto morto il giorno del suo
decesso”. Mentre il suo contemporaneo Zola si vide la candidatura respinta
venticinque volte (il calcolo esatto viene continuamente rifatto, venticinque
sembra il numero più probabile). “Ironia della sorte”, conclude Giesbert, Anatole
France fu incaricato dell’orazione funebre in morte di Zola, che proclamò “monumento
della coscienza umana”.
Nobel – Quello di letteratura è stato nel dopoguerra eminentemente
francese: Gide (1947), Mauriac (1952), Camus (1957), Saint-John Perse (1960),
Sartre (1964). Anche quello della pace: Léon Jouhaux (1951), Albert Schweitzer
(1952), René Cassin (1968),
La Francia è la più premiata dal Nobel Letteratura, 15 volte
su 112. Fu francese il primo laureato, Sully Proudhomme. Sono seguiti Frédéric
Mistral, Romain Rolland, Anatole France, Henri Bergson, Roger Martin du Gard,
André Gide, François Mauriac, Albert Camus, Saint-John Perse, Jean-Paul Sartre,
Claude Simon, Gao Xingjian, Jean-Marie Le Clézio, Patrick Modiano. .
Luca Asprea – Volle essere tutta la vita un sacerdote, l’autore de “Il
previtocciolo”, il romanzo delle fantasie sessuali dei seminaristi, ma non ci
riuscì. Una sua foto in clergyman ne accompagna i revival come autore del libro
scandalo nel 1971, ma era solo un desiderio. Forse non pio.
Una storia che sembrerebbe romanzata. Anche perché coincide
con quella, mezzo secolo prima, di Frederick Rolfe, il fotografo e scrittore
inglese erotomane – gay – e autore anche
lui in pratica di un solo libro, “Il desiderio e la ricerca del tutto”.
Conosciuto come Baron Corvo, lo pseudonimo ricevuto a Roma ai suoi trent’anni,
dopo l’espulsione dallo studentato teologico Scozzese a San Pancrazio, dalla
duchessa Sforza Cesarini (la londinese Caroline Shirley in origine), per tutta
la metà dei sui cinquant’anni tentò in vario modo di farsi prete – si era
convertito per questo al cattolicesimo, e si firmava a volte Fr. Rolfe, Frate
Rolfe.
Ma per l’autore del “Previtocciolo” la questione è acclarata
da Rocco Liberti, dotto e preciso storico locale, compulsatore inesausto di
archivi, diocesani, comunali, privati, e in questo caso beneficiario delle
confidenze del direttore del seminario di Oppido Mamertina negli anni 1950-1960,
mons. Giuseppe Pignataro. Liberti, concittadino di “don” Luca Asprea sempre a
Oppido, di una generazione più giovane, ne ha scritto sul sito Storicittà- Rivista
d’altri tempi.
Carmelo (Carmine) Ragno, meglio noto con lo pseudonimo di Don
Luca Asprea, fece gli sudi dalla IV elementare (ripetente) fino alla maturità
in seminario. Dapprima (medie) nel seminario di Oppido Mamertina, poi in quello
di Reggio. Dove, possiamo aggiungere, fu compagno del futuro arciprete Formica,
che ritroveremo nel racconto, e di don Vincenzo Tripodi, che si farà un nome
nella diocesi per avere adottato la catechesi neocatecumenale.
A Reggio “Carmine” ebbe conferiti gli ordini minori, ostiariato,
lettorato, suddiaconato. Dopodiché, nel 1946, Carmine aveva già 23 anni, sia il
rettore di Reggio, padre Finelli, che il vescovo di Oppido, il famoso mons. Canino,
ritennero opportuno mandarlo lontano, fuori dell’ambiente, al seminario di
Molfetta, per testarne la vocazione. Il responso fu negativo. La congregazione
dei Filippini, alla quale provò ad appoggiarsi, lo giudicò anch’essa “non
chiamato alla vita religiosa”, sia a Napoli che ad Acireale. Da Acireale,
Carmne s recò allora a Catania, dove chiese e ottenne l’ordinazione sacerdotale
da un vescovo di rito greco, che si scoprirà scismatico. Dopodiché tornò a Oppido,
dal successore di Canino, mons. Raspini, a cui si presentò come prete
consacrato. Il vescovo chiese lumi alla Congregazione del Sant’Uffizio, che rispose
doversi ritenere Carmelo Ragno “laico a tutti gli effetti, non eccettuato il
matrimonio”.
Quello di Catania fu il primo di una serie di tentativi di
Ragno, presso vari metropoliti ortodossi in Europa occidentale, di ricevere l’unzione
sacerdotale. Intanto insegnava a Roma in una scuola privata, religiosa, raccomandato
da mons. Raspini. Infine, ottenne un incarico, sempre di insegnamento, al
seminario di Rossano in provincia di Cosenza. Fino al 1971, anno di
pubblicazione del “Previtocciolo”.
Ragno-Aspera ci provò successivamente ancora col sacerdozio.
E secondo Liberti riuscì almeno una volta a dire messa a Oppido, nella chiesa
retta da un comune amico, di Regno e di Liberti (forse lo stesso don Formica),
che non pretese da lui il celebret,
il patentino dei preti. Seguì un piccolo scandalo, e Ragno si eclissò da Oppido.
Dove tornerà giusto per qualche funerale – ma, “non trovando più ospitalità nel
paese natale, si faceva accogliere da amici nei paesi vicini”. Vivrà a Roma, sempre
insegnando in scuole private religiose.
Il Comune di Oppido, però, se non la diocesi, ne onora la
memoria, come concittadino illustre. Gli ha fatto funer ali solenni, e la tomba
onora di una grande incisione in bronzo, “A don Carmine oct. 2005”, e
l’indicazione in maiuscolo “Sac. Carmine Ragno”.
Come Rolfe “Baron Corvo”, anche Ragno-Asprea scrisse altro
che “Il previtocciolo” – sul tema sempre del “Previtocciolo”: gli ardori
sessuali delle femmine, soprattutto, e dei maschi di Oppido, dell’Oppido
popolare. Se ne conoscono almeno due titoli, “Le baracche” e “I ‘mbozzichi”. La
presentazione che Antonio D ‘Orrico fa alla riedizione del “Previtocciolo”
lascia peraltro supporre che l’opera sia stata abbondantemente editata alla Feltrinelli. Cioè tagliata e
cucita se non riscritta. D’Orrico parla di un “voluminoso pacco”, e cioè “decine e decine di quaderni di scuola, quelli tradizionali, con la copertina
nera, riempiti riga per riga con una fitta calligrafia” – i quaderni da 36, o forse 72, pagine. Poi precisando: “In tutto, erano centotrenta quaderni e rimasero in via Andegari per dieci
anni”..
Evola – “Un matto abbastanza simpatico, scientificamente eccepibile
ma narrativamente piacevole” lo dice Eco in una “bustina d Minerva” ora in
“Pape Satàn A leppe” – e sempre “antisemita, anche dopo la guerra”.
Riso – Si vuole impossibile in –u. il riso è accertato nelle
altre vocali, aperto in a e in o, riservato e maligno in e, isterico in i, per
essere femminile, o intellettuale, impossibile in u. Ma le parlate lusitane allora, in Portogallo e in Brasile, Anfola,
Mozambico, Guinea Bissau, e la catalana, la genovese, la calabrese?
Storia – “È permesso (lecito) violentarla, a condizione di farle bei figli”
è battuta di Dumas. Che non è dei “Tre moschettieri”, come si è detto, e
sarebbe stata detta in risposta alla critica di violentare la storia con i
romanzi per cui era famoso (della battuta si danno varie redazioni: “Si può…”,
“Che importa…”). Preso a partito per questo da molto femminismo, Dumas voleva
solo difendere i suoi libri: i “bei figli” sono i libri, il “violentatore” ammesso
è lo scrittore.
letterautore@antiit.eu
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