martedì 28 febbraio 2017

Letture - 294

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Accademia - All’Accademia Francese, la più prestigiosa, fanno la fila per entrare, e sono accolti, i letterati più modesti. I migliori non si candidano o sono respinti: Aragon, Bachelard, Beauvoir, Bernanos, Breton, Camus, Céline, Césaire, Colette, Duras, Gide, Giono, Gracq, Le Clézio, Malraux, Modiano, Perec, Proust, Sartre, Simenon, Tournier. Questa la lista che Franz-Olivier Giesbert fa dei respinti eccellenti su “Le Magazine Littéraire”.
Camus, Sartre, Le Clézio, Modiano sono premi Nobel.
Del passato Giesbert ricorda Anatole France, l’accademico per eccellenza, per questo anche premio Nobel, “del tutto morto il giorno del suo decesso”. Mentre il suo contemporaneo Zola si vide la candidatura respinta venticinque volte (il calcolo esatto viene continuamente rifatto, venticinque sembra il numero più probabile). “Ironia della sorte”, conclude Giesbert, Anatole France fu incaricato dell’orazione funebre in morte di Zola, che proclamò “monumento della coscienza umana”.

Nobel – Quello di letteratura è stato nel dopoguerra eminentemente francese: Gide (1947), Mauriac (1952), Camus (1957), Saint-John Perse (1960), Sartre (1964). Anche quello della pace: Léon Jouhaux (1951), Albert Schweitzer (1952), René Cassin (1968), 
La Francia è la più premiata dal Nobel Letteratura, 15 volte su 112. Fu francese il primo laureato, Sully Proudhomme. Sono seguiti Frédéric Mistral, Romain Rolland, Anatole France, Henri Bergson, Roger Martin du Gard, André Gide, François Mauriac, Albert Camus, Saint-John Perse, Jean-Paul Sartre, Claude Simon, Gao Xingjian, Jean-Marie Le Clézio, Patrick Modiano. .

Luca Asprea – Volle essere tutta la vita un sacerdote, l’autore de “Il previtocciolo”, il romanzo delle fantasie sessuali dei seminaristi, ma non ci riuscì. Una sua foto in clergyman ne accompagna i revival come autore del libro scandalo nel 1971, ma era solo un desiderio. Forse non pio.
Una storia che sembrerebbe romanzata. Anche perché coincide con quella, mezzo secolo prima, di Frederick Rolfe, il fotografo e scrittore inglese erotomane – gay – e autore  anche lui in pratica di un solo libro, “Il desiderio e la ricerca del tutto”. Conosciuto come Baron Corvo, lo pseudonimo ricevuto a Roma ai suoi trent’anni, dopo l’espulsione dallo studentato teologico Scozzese a San Pancrazio, dalla duchessa Sforza Cesarini (la londinese Caroline Shirley in origine), per tutta la metà dei sui cinquant’anni tentò in vario modo di farsi prete – si era convertito per questo al cattolicesimo, e si firmava a volte Fr. Rolfe, Frate Rolfe.
Ma per l’autore del “Previtocciolo” la questione è acclarata da Rocco Liberti, dotto e preciso storico locale, compulsatore inesausto di archivi, diocesani, comunali, privati, e in questo caso beneficiario delle confidenze del direttore del seminario di Oppido Mamertina negli anni 1950-1960, mons. Giuseppe Pignataro. Liberti, concittadino di “don” Luca Asprea sempre a Oppido, di una generazione più giovane, ne ha scritto sul sito Storicittà- Rivista d’altri tempi.
Carmelo (Carmine) Ragno, meglio noto con lo pseudonimo di Don Luca Asprea, fece gli sudi dalla IV elementare (ripetente) fino alla maturità in seminario. Dapprima (medie) nel seminario di Oppido Mamertina, poi in quello di Reggio. Dove, possiamo aggiungere, fu compagno del futuro arciprete Formica, che ritroveremo nel racconto, e di don Vincenzo Tripodi, che si farà un nome nella diocesi per avere adottato la catechesi neocatecumenale.  
A Reggio “Carmine” ebbe conferiti gli ordini minori, ostiariato, lettorato, suddiaconato. Dopodiché, nel 1946, Carmine aveva già 23 anni, sia il rettore di Reggio, padre Finelli, che il vescovo di Oppido, il famoso mons. Canino, ritennero opportuno mandarlo lontano, fuori dell’ambiente, al seminario di Molfetta, per testarne la vocazione. Il responso fu negativo. La congregazione dei Filippini, alla quale provò ad appoggiarsi, lo giudicò anch’essa “non chiamato alla vita religiosa”, sia a Napoli che ad Acireale. Da Acireale, Carmne s recò allora a Catania, dove chiese e ottenne l’ordinazione sacerdotale da un vescovo di rito greco, che si scoprirà scismatico. Dopodiché tornò a Oppido, dal successore di Canino, mons. Raspini, a cui si presentò come prete consacrato. Il vescovo chiese lumi alla Congregazione del Sant’Uffizio, che rispose doversi ritenere Carmelo Ragno “laico a tutti gli effetti, non eccettuato il matrimonio”.
Quello di Catania fu il primo di una serie di tentativi di Ragno, presso vari metropoliti ortodossi in Europa occidentale, di ricevere l’unzione sacerdotale. Intanto insegnava a Roma in una scuola privata, religiosa, raccomandato da mons. Raspini. Infine, ottenne un incarico, sempre di insegnamento, al seminario di Rossano in provincia di Cosenza. Fino al 1971, anno di pubblicazione del “Previtocciolo”.
Ragno-Aspera ci provò successivamente ancora col sacerdozio. E secondo Liberti riuscì almeno una volta a dire messa a Oppido, nella chiesa retta da un comune amico, di Regno e di Liberti (forse lo stesso don Formica), che non pretese da lui il celebret, il patentino dei preti. Seguì un piccolo scandalo, e Ragno si eclissò da Oppido. Dove tornerà giusto per qualche funerale – ma, “non trovando più ospitalità nel paese natale, si faceva accogliere da amici nei paesi vicini”. Vivrà a Roma, sempre insegnando in scuole private religiose.
Il Comune di Oppido, però, se non la diocesi, ne onora la memoria, come concittadino illustre. Gli ha fatto funer ali solenni, e la tomba onora di una grande incisione in bronzo, “A don Carmine oct. 2005”, e l’indicazione in maiuscolo “Sac. Carmine Ragno”.  
Come Rolfe “Baron Corvo”, anche Ragno-Asprea scrisse altro che “Il previtocciolo” – sul tema sempre del “Previtocciolo”: gli ardori sessuali delle femmine, soprattutto, e dei maschi di Oppido, dell’Oppido popolare. Se ne conoscono almeno due titoli, “Le baracche” e “I ‘mbozzichi”. La presentazione che Antonio D ‘Orrico fa alla riedizione del “Previtocciolo” lascia peraltro supporre che l’opera sia stata abbondantemente  editata alla Feltrinelli. Cioè tagliata e cucita se non riscritta. D’Orrico parla di un “voluminoso pacco”, e cioè “decine e decine di quaderni di scuola, quelli tradizionali, con la copertina nera, riempiti riga per riga con una fitta calligrafia” – i quaderni da 36, o forse 72, pagine. Poi precisando: “In tutto, erano centotrenta quaderni e rimasero in via Andegari per dieci anni”..

Evola – “Un matto abbastanza simpatico, scientificamente eccepibile ma narrativamente piacevole” lo dice Eco in una “bustina d Minerva” ora in “Pape Satàn A leppe” – e sempre “antisemita, anche dopo la guerra”.

Riso – Si vuole impossibile in –u. il riso è accertato nelle altre vocali, aperto in a e in o, riservato e maligno in e, isterico in i, per essere femminile, o intellettuale, impossibile in u. Ma le parlate lusitane allora, in Portogallo e in Brasile, Anfola, Mozambico, Guinea Bissau, e la catalana, la genovese, la calabrese?

Storia – “È permesso (lecito) violentarla, a condizione di farle bei figli” è battuta di Dumas. Che non è dei “Tre moschettieri”, come si è detto, e sarebbe stata detta in risposta alla critica di violentare la storia con i romanzi per cui era famoso (della battuta si danno varie redazioni: “Si può…”, “Che importa…”). Preso a partito per questo da molto femminismo, Dumas voleva solo difendere i suoi libri: i “bei figli” sono i libri, il “violentatore” ammesso è lo scrittore.  

Velo – Segnala – segnalava – nei libri di viaggio un altro mondo. Annemarie Schwarzenach fa la differenza in Bulgaria, passando da valli animate da “degne e amabili contadine che filavano sulla soglia di casa” a”vestigie dell’antica Turchia”: “Uomini in pantalone a sbuffo e turbante colorato, donne timorose velate di nero dalla ettas fino al pantalone annodato sulla caviglia nuda – le maomettane. Come schiave”.

letterautore@antiit.eu

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