Gli americani,
dunque, approvano Trump, il bando all’immigrazione – temporaneo, limitato ad
alcuni paesi. L’uomo non piace, ma le restrizioni all’immigrazione sì. Ci sono alcuni
possibili perché.
Il numero. Con
una popolazione che è poco più della metà di quella europea, 320 milioni contro
507, e un pil uguale, sui 17 mila miliardi di dollari, gli Stati Uniti
continuano a essere le terra d’elezione degli immigrati: 43 milioni ne sono
arrivati nei quindici anni del millennio, legali e illegali, a fronte dei 21,1
entrati nella Ue, più o meno forzosamente. Gli immigrati, di prima e seconda
generazione, sono oggi il 13,3 per cento della popolazione Usa. Un’incidenza
superiore a quella di qualsiasi paese europeo.
La provenienza. Gli immigrati arrivano negli Usa
soprattutto dal Sud America. Non come rifugiati, non per motivi politici.
Il rifiuto. Non
solo gli usi e i modi di essere, anche le leggi in troppi casi non vengono
applicate dagli immigrati. Per questo aspetto la comunità più inadempiente è
quella islamica.
“Siamo tutti immigrati”
è lo slogan anti-Trump negli Usa. Ma è vero solo in parte. Per quattro secoli,
fino a Martin Luther King, gli Stati Uniti erano un paese ex coloniale, degli
immigrati bianchi – e anche qui con distinzioni, tra i gli anglosassoni bianchi
e gli altri. A spese degli indiani d’America, dai Grandi Laghi alle mesas del Sud, e dei neri. E d’altra parte è senza precedenti
un’immigrazione che non viene grata ma supponente e ingiuriosa.
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