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venerdì 3 febbraio 2017

Secondi pensieri - 294

zeulig

Arte – “Senza scopo” la dice Benjamin Constant, “Journal intime”, “perché ogni scopo snatura l’arte. Ma l’arte raggiunge lo scopo che non ha”. È la ricerca della felicità.

Cristo – Il Cristo-Carità o Amore non è invenzione dei due papi, Ratzinger e Bergoglio: c’è anche in Poe, “Marginalia”, una delle prime annotazioni, § IX: “Un solido argomento in favore della religione di Cristo è questo – che le offese contro la Carità sono quasi le sole che gli uomini sui loro letti di morte ammettano . non per capire – ma per sentire – come una colpa”.

Fato – Non c’è nell’“Iliade”, la Τυχη, fortuna.

Felicità – È il fatto estetico? Non un compimento, una tensione. Ma pur sempre consolante. Borges, pur premettendo che “la felicità non è meno sfuggente nei libri che nella vita”, non trova al fatto estetico altra ragione: “La presentazione di una gioia, di un destino che si compie nella felicità, è forse il godimento più raro (nelle due accezioni della parola: quella di insolito e quella di prezioso)  che l’arte può dispensarci”.

Globalizzazione – Vista nella temperie culturale del momento, invera Heidegger: “Un destino mondiale… in assenza di Heimat”, di patria (“Lettera sull’umanismo”, 1946). Per l’avvento di “nomadi semiti” (“Quaderni neri”, 1939).

Immortalità – Perché non sarebbe della materia? Le specie viventi muoiono, certo. Ma vige sempre la legge di Lavoisier, “nulla si crea, nulla si distrugge tutto si trasforma”.

Infinito – Anzitutto è non-finito.

Rete – Eco prima di morire: “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano messi subito a tacere, ora hanno lo stesso diritto di parola di un premio Nobel. È invasione degli imbecilli”. Ora il tormentone delle fake news, non una novità. Mentre twitter è il nuovo palazzo del governo: Trump governa all’alba con un tweet. E facebook inemendabile impone il falso come rappresentazione. La rete ripete il vecchio detto meridionale “Tempo d’alluvione, pure gli stronzi vengono a galla”.
C’è un lato liberatorio nella rete, un gradino più su del bar di Eco: bisogna chiudere le frasi , non limitarsi alle interiezioni, le argomentazioni sono a seguire, per quanto balorde, e non sovrapponibili, le identità hanno un minimo di spessore, seppure nell’anonimato. Ma è un veicolo dissolutore per privilegiare i bassi istinti: siamo dissolutori per essere ipercritici, anzi complottisti, decifratori instancabili di segreti e occulterie, corpi separati eccetera. Per sfinimento. Impossibilitati a capire, perché non si può ragionare. Per dissoluzione, gioiosa – bastano come esempio i partiti politici, anche i giornali.

Lusso – Non ha cattiva stampa presso gli economisti, anche se i molti ne hanno fatto oggetto di pena,come spesa suntuaria. Né nella storia e la vita pubblica: l’evergetismo è tuttora in auge,  il mecenatismo. Rimosso dalla riflessione (non dall’antropologia), se non per la condanna dei moralisti. Ma non dalla liturgia e la pratica religiose, e dalla pratica sociale (feste, celebrazioni, riti civili). È popolare perché è democratico: alla portata di tutti e non discriminante, nell’intimo se non nelle apparenze? Borges, “Ancora la metafora” (in “L’idioma degli argentini”, 60), lo definisce “il commento visibile di una felicità”.

Materia – Non ne sappiamo nulla, o quasi – solo il 5 per cento, opinano i fisici e gli astrofisici.

Metafora – È il modo del pensiero,  per rappresentazioni e idee, e il loro collegamento. È vecchia polemica antisensista, anti-Hobbes, ma è dubbio che l’anima (spirito) sia un’entità separabile, che possa cioè operare senza le rappresentazioni che i sensi mediano.

Un modo per essere mondo, parteciparne la complessità o grandezza, se non condividerla, la dice Borges, “L’idioma degli argentini”. E un lusso, che tutti possiamo per metterci – un lusso democratico.

È l’unico senso del reale. Le cose non hanno senso, ancorché abbiano una funzione – l’acqua, il sole, etc. Il colore, il suono, e ogni altro oggetto-effetto dei sensi. Non hanno senso figurato o poetico: le stelle o la luna lo sono agli occhi dell’uomo, la fede nell’animo del martire. E del resto vale costatazione grammaticale, di Remy de Gourmont: “Allo stato attuale delle lingue europee, quasi tute le parole sono metafore”.

Nichilismo – Niente o nulla vengono come opposizioni, non-essere: nec entem propriamente il primo, secondo il Devoto, dal latino medievale, dal latino nullus il secondo, ne ullus. Il nada castigliano, come probabilmente il nothing inglese, è derivazione da nata, creata. E anticamente equivaleva a cosacosa nata, creata. L’italiano e lo spagnolo usano il niente-nada insieme con altra negazione, senza negarla: “Quest’uomo non serve a niente”. Hanno preso significato con la ripetitività, per il contesto cioè, con l’intenzione certo di affermare qualcosa ma solo come negazione indistinta, anche contro il senso grammaticale – una sorta di significato d’uso.
È ardua la sostantivazione del non-essere. Non è concetto “originario”, nato col linguaggio? È un adattamento.

Poesia – “Cospirazione fatta da uomini di buona volontà per onorare l’essere”, Borges, “Il culteranesimo”(in “L’idioma degli argentini”, 64).
La poesia del “suo” Schopenhauer, l’arte di azionare l’immaginazione mediante la parola, Borges dice arte del bilanciamento in realtà, tra immaginazione e parola. E prosegue: ultimamente – Novecento, ma anche Ottocento – si aziona questa a discapito di quella. La poesia vorrebbe creare un mondo attraverso la parola, ma di fatto lo appiattisce, nell’indistinto dello stato d’animo, malinconia, idillio, ira, angoscia. Mentre mondi più immaginativi hanno creato i romanzieri, che si ricordano.

Trattino – E.A.Poe aveva in programma una “Filosofia del Punto”. Non sentendosi abbastanza maturo, tratteggia quella della “lineetta”, o trattino. Reduce da un’inflazione – “i poeti byroniani erano tutti lineetta” – vi si esercita sopra. Giungendo alla conclusione che “il segno rappresenta una secondo pensiero – una correzione”. Un ripensamento, o non una sottolineatura, seppure indicata, non imposta?
Ma perché allora non riflettere, e proporre una proposizione definitiva? La lineetta, argomenta Poe, segna un’indecisione dell’autore, e lascia al lettore la scelta della versione migliore.

zeulig@antiit.eu

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