venerdì 24 marzo 2017

Ci salverà il populismo di sinistra

Viviamo in un regime postdemocratico, costruito con sapienza – Formenti dice in una guerra civile – contro il lavoro. Bisogna bloccare questo bulldozer, ribaltarlo. Il populismo è benvenuto, poiché i partiti politici della stessa sinistra sono parte di questo attacco al lavoro. Solo bisogna riconvertirlo a un’azione di sinistra.
Formenti, già di Autonomia Operaia, teorico post-marxista del plusvalore nell’era digitale, ipotizza un “sano” populismo, di sinistra. Che abbatta coi simulacri politici – i partiti – la stessa ideologia del liberismo, che pretende di moltiplicare le risorse, mentre invece le distrugge. Come arrivarci Formenti non dice, se col protezionismo, e quindi a che costi. Ma l’assunto politico è semplice e inattaccabile: il lavoro ha perso tutte le difese che si era costruite in un secolo e mezzo, l’economia è debole e malaticcia. Non c’è più alcuna rete di sicurezza, e le paghe ristagnano: il reddito e le aspettative si contraggono, il liberismo esclude e non include.
La diagnosi non è isolata, rientra anzi in un trend già robusto. Da molti viene contestata la correlazione tra l’insorgenza nazionalista o identitaria col liberismo. Ma questa insorgenza c’è, ed è più forte nei due paesi guida del liberismo, Usa e Regno Unito. Di quel che si chiamava il ceto medio. Che, impoverito e proletarizzato, ha ingrossato a dismisura e soprattutto rianimato il mondo degli esclusi, tendenzialmente remissivo e estraneo al processo politico. La sua reazione è stata evidente e vincente nel referendum britannico sull’Europa, e poi nel voto per Trump. Confusa, contraddittoria, tutto il peggio che si vuole, ma robusta. E a sentire i sondaggi duratura, non pentita.
Formenti, lui come ogni altro, nonché il problema dei costi, non si pone neanche quello della globalizzazione: se non è giusto l’accesso del Terzo mondo, i quattro quinti dell’umanità, al processo produttivo, e cioè alla ricchezza, mondiale. Poiché è di questo immenso Terzo mondo che il liberismo si è fatto e si fa scudo per disorganizzare il lavoro.
Formenti, inoltre, continua l’uso improprio del concetto di “egemonia” di Gramsci. Che lega, surrettiziamente, alla massa, al numero - un tempo si sarebbe detto alla classe. Mentre è una nozione complessa, che fa largo posto all’intelligenza (un tempo la critica), la formazione, l’inventiva, l’iniziativa.
Ma è certo che la globalizzazione e l’egemonia non possono darsi - continuare a darsi - a scapito della democrazia sociale, e della democrazia tout court: il populismo non viene dal nulla (un tempo si sarebbe detto: sarà fascista se non sarà socialista).
Carlo Formenti, La variante populista, DeriveApprodi, pp. 288 € 20

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