Sul futuro della Siria e dell'Iraq la Turchia di Erdogan si muove da sola. Senza più il patrocinio degli Usa. E anzi in sintonia con l'Iran, che la nuova presidenza americana vorrebbe rimettere tra gli Stati "canaglia". E con Putin, che l'industria militare angloamericane ha eletto a nemico di comodo.
Erdogan ha anche allentato, da tempo, il legame con l'Arabia Saudita. Un legame stretto sulla Siria, a nessun effetto, se non favorire la nascita dell'Is, e portare la Turchia alla crisi con Israele. Nonché a ipotesi di divisione, tribale e/o confessionale, in Siria e Iraq. È questa ipotesi che ha riavvicinato Iran e Turchia, contro ogni forma di autonomia curda.
Dagli Usa Erdogan si è allontanato per le incertezze dell'ultimo Obama. Dopo la mancata applicazione di una "no fly zone" - un'area di scambi incontrollati - lungo il confine con la Siria, ha rapidamente ripreso i contatti con Mosca. Con l'intento di chiudere presto la questione siriana. Per paura, al dunque, di una crescita dell'oltranzismo islamico, l'unica forza politica che ora teme in Turchia.
Sul piano personale, Erdogan ha fatto grande caso del poco riguardo personale ricevuto ai funerali di Cassius Clay-Mohammed Ali. Di minore impatto viceversa, in Turchia e nell'entourage presidenziale, lo scontro in atto con la Germania sull'arresto - l'ennesimo - di un giornalista turco corrispondente di un giornale tedesco.
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