Il
primo radicalismo è il comunismo, il secondo il fascismo. I tre accomunando l’esigenza
di preservare la tradizione contro la modernità dissolutrice. Ma anche
viceversa, come vedremo: i tre radicalismi traggono infatti origine dal giacobinismo,
dall’illuminismo, dalla pretesa in generale di ribellarsi, se non di rivoltare
il mondo. Tesi non nuova, questa dei “pensieri totalitari” come derivati dall’illuminismo,
e non peregrina, ma in questa applicazione si legge con fatica, e anche con
irritazione. Lo stesso Nolte ne ammette i limiti, in particolare la poca
conoscenza del mondo islamico. Ma non anche la macanza di rispetto?
Si parte da
lontano, dall’origine del male, dalla ribellione cioè dell’uomo contro il suo
creatore: “Se è giusta la tesi degli ideologi
islamici, secondo la quale l’islam null’altro è se non il ritorno dell’essenza
ribelle dell’uomo contro l’armonia dell’universo creato da Dio, allora il
concetto di «trascendenza», inteso come qualcosa di negativo, e dunque da
negare, si lascia usare in maniera non diversa da come venne usato da Lenin e
Hitler”. Un pasticcio. Tanto più se, come appare, si lega alla mania del
secondo Nolte, di assottigliare l’eredità del nazismo: il radicalismo, del
bolscevismo, del fascismo, dell’islam, non è un attacco al capitalismo, né all’ebraismo,
né al cristianesimo o all’Europa. No, “è piuttosto un «qualcosa» presente nel
capitalismo, che è stato a lungo preso in esame da pensatori ebrei e non ebrei:
la ricchezza più interiore, o meglio, il destino vero dell’uomo, che va «oltre
se stesso», cioè […] la trascendenza, la necessità di porsi in un rapporto
emozionale con il mondo nella sua interezza”.
Poco di intelligibile. Ma anche poco di reale. Forse solo
la notazione che l’islam fondamentalista ha studiato Marx e Lenin. Marx sicuramente
no, Lenin sì. L’ha fatto l’ideologo egiziano dei sunniti, dei Fratelli
Mussulmani, Sayed al Qutb. Nolte dice che l’ha fatto anche Khomeini. Khomeini
non studiava, meno che mai un autore o un politico non persiano. Ma alcuni
degli ayatollah che lo affiancarono, tra essi l’ayatollah Behesti, ex imam a
Amburgo, sì – Behestì si era incaricato di innovare il diritto islamico alla condizione
urbana e industriale della società, ma morì in un attentato di una fazione islamica
anti-khomeinista.
Si chiude con una storia un po’ assurda dei legami-confronti
tra Europa o Occidente e islam. Partendo da Napoleone in Egitto. Dopo averla
menata per metà libro con l’ennesima divagazione sui massimi sistemi, fascismo,
sovietismo, illuminismo, senza che c’entri l’islam nemmeno per caso. Una
confusione. In interventi giornalistici paralleli Nolte voleva la
globalizzazione “il nuovo totalitarismo”. E ai peccati del capitale dichiarava di
preferire l’islam – come se l’islam fosse anticapitalistico.
L’irritazione
deriva dalla presunzione, molto “europea” di leggere l’islam in chiave etnocentrica:
come se di là non avessero corpo e anima. Una pretesa dissolutrice nel mentre
che si vuole di riconoscimento, di accettazione di un’alterità, di una
compartecipazione alla storia.
Ernst
Nolte, Il terzo radicalismo. Islam e
Occidente nel XXI secolo, Liberal, pp. 400 € 23
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