La gelosia è tema di molte scritture,
storia, miti. Stefania Achella, che cura la pubblicazione essendo una sorta di
cultrice della materia, ne fa ottima sintesi nell’introduzione. È possesso, in
genere, o invidia. “Un sentimento violento”, lo dice anche, sulla scorta delle
etimologie. Di più: “Chiamata a esprimere la cifra del disagio dell’uomo
moderno, essa ne incarna ora il mal de
vivre”. Ancora di più: il “delirio di gelosia” di cui al titolo dice
“indizio acuto della rottura tra soggetto e mondo”, “cifra dell’impossibilità
di dominare se stessi e gli altri: annuncio dell’inferno sartriano (segno e metafora della soggettività moderna”.
Anzi: “Nella sua forma più radicale esso esprime il tragico collasso di ogni
dialettica possibile tra pensiero ed essere, soggetto e oggetto, inaugurando
così il Novecento, secolo della crisi”.
Dunque, una novità – una rottura?
Il titolo è originale. È di uno dei
primi saggi di Jaspers, 1910, assistente volontario alla clinica di Heidelberg.
Preceduto di un anno dalla dissertazione “Nostalgia e crimini”. Con lo sviluppo
della psicoterapia, la gelosia diventa materia di cura medica, così come le
forme parossistiche di nostalgia. Jaspers, che la poca salute (bornchi deboli)
tenevano lontano dal lavoro in corsia, ne tratta teoricamente. Ma su una
casistica reale, di casi singoli. Che riporta variamente, raccontandoli o, più
spesso, diagnosticandoli, con terminologia appropriata, poco suggestiva. Casi
specifici quindi, non emblematici. Prospettati di ausilio a future terapie, ma
filosoficamente guardinghi.
La psichiatria, spiega Achella, era divisa “tra coloro che intendevano ricondurre
i disturbi della psiche a lesioni cerebrali, i Somatiker, e coloro che invece intendevano collegarli a problemi di
origine psicologica, gli Psychiker” –
quelli che saranno la scuola freudiana. Tutti però le manifestazioni di disagio
psichico riconducevano alla paranoia e\o alla dementia praecox, oggi schizofrenia. Successivamente a questo
saggio, nel 1913, nell’introduzione alla sua “Psicopatologia generale”, Jaspers
si distanzierà da entrambe le posizioni, definendole “frutto di pregiudizi filosofici”. Ma già in questo
“Delirio di gelosia” si muove pragmatico. La sistematizza, ma in più forme:
“gelosia psicologica”, “gelosia morbosa”, “gelosia delirante”, “delirio di
gelosia”. Nelle prime due forme il soggetto resta presente a se stesso e al
mondo. Nella “gelosia delirante” il soggetto si caratterizza per
l’“impermeabilità” a ogni senso critico.
Peggio nel “delirio”, in cui l’impermeabilità è sistematica. La gelosia Jaspers vede come una delle forme
di accesso al “mondo” delirante, all’impossibilità di vivere il mondo.
Tra i Somatikeer e gli Psychiker Jaspers
introdurrà il metodo di rilevazione e studio fenomenologico. Husserl, il padre
della fenomenologia, l’aveva contrapposta alla psicologia, reclamandosi alla
posizione filosofica. Jaspers la reclama invece alla psicologia, attraverso lo
strumento del “vedere”. Non la rilevazione empirica, ma l’ascolto e l’emersione
dei “sintomi soggettivi”. Per un rapporto ottimale medico-paziente. Il metodo
che teorizzerà due anni dopo qui lo applica riportando di ogni caso due
“vedute”: dall’esterno, anamnestico degli eventi, e dall’“interno”, come il
paziente si vede. Un delirio di appropriazione che, dice Jaspers, “separa gli
individui invece di unirli”.
Otto casi sono esaminati in dettaglio.
Un orologiaio. Un insegnante, cattolico. Una “moglie di direttore di banca”. Un
pastore luterano. Un pittore decoratore. Un agricoltore, anche lui cattolico,
sposato da ventisette anni con sette figli. Un altro caso di uomo con sette
figli, sposato da trent’anni. Un pasticciere trentacinquenne, protestante. Il
pastore aveva contratto seconde nozze subito dopo il suicidio della prima
moglie. La seconda si divorziò, con ragione in tribunale, e il pastore, a 51
anni, si risposò di nuovo, con una donna di ventiquattro. Da cui si divorziò a
sessant’anni, “appena andato in pensione”, per infedeltà della sposa, che però
non riuscì a provare. I casi sono esposti così, tra l’aneddotico la lettura comportamentale.
La conclusione Jaspers pone in premessa:
“Inutile sottolineare come l’origine
del delirio di gelosia rimanga per noi un mistero”. Inutile anche addentrarsi
tra le varie forme: da alcolismo per gli uomini, o impotenza o insoddisfazione nel rapporto sessuale, da
allattamento nella donna, eccetera. Di un “delirio” che è forse all’origine
dell’eccesso attuale di uxoricidi, o forse è scomparso, lasciando il posto agli
uxoricidi, sempre freddi benché adducano ad attenuante l’ira.
Karl Jaspers, Delirio di gelosia, Raffaello Cortina, pp. XXXII- 21 € 12
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