domenica 12 marzo 2017

La gelosia in ospedale

La gelosia è tema di molte scritture, storia, miti. Stefania Achella, che cura la pubblicazione essendo una sorta di cultrice della materia, ne fa ottima sintesi nell’introduzione. È possesso, in genere, o invidia. “Un sentimento violento”, lo dice anche, sulla scorta delle etimologie. Di più: “Chiamata a esprimere la cifra del disagio dell’uomo moderno, essa ne incarna ora il mal de vivre”. Ancora di più: il “delirio di gelosia” di cui al titolo dice “indizio acuto della rottura tra soggetto e mondo”, “cifra dell’impossibilità di dominare se stessi e gli altri: annuncio dell’inferno sartriano (segno e metafora della soggettività moderna”. Anzi: “Nella sua forma più radicale esso esprime il tragico collasso di ogni dialettica possibile tra pensiero ed essere, soggetto e oggetto, inaugurando così il Novecento, secolo della crisi”. Dunque, una novità – una rottura?
Il titolo è originale. È di uno dei primi saggi di Jaspers, 1910, assistente volontario alla clinica di Heidelberg. Preceduto di un anno dalla dissertazione “Nostalgia e crimini”. Con lo sviluppo della psicoterapia, la gelosia diventa materia di cura medica, così come le forme parossistiche di nostalgia. Jaspers, che la poca salute (bornchi deboli) tenevano lontano dal lavoro in corsia, ne tratta teoricamente. Ma su una casistica reale, di casi singoli. Che riporta variamente, raccontandoli o, più spesso, diagnosticandoli, con terminologia appropriata, poco suggestiva. Casi specifici quindi, non emblematici. Prospettati di ausilio a future terapie, ma filosoficamente guardinghi.
La psichiatria, spiega Achella, era  divisa “tra coloro che intendevano ricondurre i disturbi della psiche a lesioni cerebrali, i Somatiker, e coloro che invece intendevano collegarli a problemi di origine psicologica, gli Psychiker” – quelli che saranno la scuola freudiana. Tutti però le manifestazioni di disagio psichico riconducevano alla paranoia e\o alla dementia praecox, oggi schizofrenia. Successivamente a questo saggio, nel 1913, nell’introduzione alla sua “Psicopatologia generale”, Jaspers si distanzierà da entrambe le posizioni, definendole “frutto di pregiudizi filosofici”. Ma già in questo “Delirio di gelosia” si muove pragmatico. La sistematizza, ma in più forme: “gelosia psicologica”, “gelosia morbosa”, “gelosia delirante”, “delirio di gelosia”. Nelle prime due forme il soggetto resta presente a se stesso e al mondo. Nella “gelosia delirante” il soggetto si caratterizza per l’“impermeabilità”  a ogni senso critico. Peggio nel “delirio”, in cui l’impermeabilità è sistematica.  La gelosia Jaspers vede come una delle forme di accesso al “mondo” delirante, all’impossibilità di vivere il mondo.
Tra i Somatikeer e gli Psychiker Jaspers introdurrà il metodo di rilevazione e studio fenomenologico. Husserl, il padre della fenomenologia, l’aveva contrapposta alla psicologia, reclamandosi alla posizione filosofica. Jaspers la reclama invece alla psicologia, attraverso lo strumento del “vedere”. Non la rilevazione empirica, ma l’ascolto e l’emersione dei “sintomi soggettivi”. Per un rapporto ottimale medico-paziente. Il metodo che teorizzerà due anni dopo qui lo applica riportando di ogni caso due “vedute”: dall’esterno, anamnestico degli eventi, e dall’“interno”, come il paziente si vede. Un delirio di appropriazione che, dice Jaspers, “separa gli individui invece di unirli”.
Otto casi sono esaminati in dettaglio. Un orologiaio. Un insegnante, cattolico. Una “moglie di direttore di banca”. Un pastore luterano. Un pittore decoratore. Un agricoltore, anche lui cattolico, sposato da ventisette anni con sette figli. Un altro caso di uomo con sette figli, sposato da trent’anni. Un pasticciere trentacinquenne, protestante. Il pastore aveva contratto seconde nozze subito dopo il suicidio della prima moglie. La seconda si divorziò, con ragione in tribunale, e il pastore, a 51 anni, si risposò di nuovo, con una donna di ventiquattro. Da cui si divorziò a sessant’anni, “appena andato in pensione”, per infedeltà della sposa, che però non riuscì a provare. I casi sono esposti così, tra l’aneddotico  la lettura comportamentale.
La conclusione Jaspers pone in premessa: “Inutile sottolineare come l’origine del delirio di gelosia rimanga per noi un mistero”. Inutile anche addentrarsi tra le varie forme: da alcolismo per gli uomini, o impotenza  o insoddisfazione nel rapporto sessuale, da allattamento nella donna, eccetera. Di un “delirio” che è forse all’origine dell’eccesso attuale di uxoricidi, o forse è scomparso, lasciando il posto agli uxoricidi, sempre freddi benché adducano ad attenuante l’ira.    

Karl Jaspers, Delirio di gelosia, Raffaello Cortina, pp. XXXII- 21 € 12

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