Sono
le tecniche dell’informacija-disinformacija
sovietica che l’establishment mediatico
americano usa contro Trump. Non un’accusa di parte – di parte trumpiana. La
muove oggi sul “Manifesto” degli Usa, il settimanale “The Nation”, tra gli
invariabili articoli contro Trump nemico della democrazia, il politologo e
russista Stephen F. Cohen, emerito di Princeton e della New York University.
Cohen
ricorda i messaggi e le metodologie che trovò a Mosca tra il 1976 e il 1982, quando
vi risiedette per studio – dopo il 1982 Breznev non gli rinnovò il visto. Sono
quelli che la grande stampa americana usa oggi. La vulgata in Russia era allora
che Nixon era stato rimosso perché voleva avviare la distensione con l’Urss. La
vulgata di oggi è che Trump è stato eletto da Putin.
Non
c’è confronto possibile tra la Russia di allora e l’America, di allora e di
oggi, premette Cohen. Ma la “narrativa accusatoria” è “identica”.
Uno
storytelling che si pretende “ortodosso”
senza più, senza dare spiegazioni. Cohen rileva cinque similarità. I “pareri
alternativi o dissenzienti” sono esclusi dai giornali e le emittenti maggiori. Dei
dissidenti si distrugge la reputazione. Anche dei parenti e collaboratori dei
dissidenti. “Queste narrative si fondano
sulle voci” (“È possibile che in qualche posto esistano, ma nessun fatto è
stato mai presentato dai media mannstream
americani o da chiunque altro dell’accusa che il Cremlino di Putin ha
hackerizzato il Democratic National Council”). “Alimentare queste narrative è
sempre il ruolo coperto e scoperto delle agenzie spionistiche”.
“Naturalmente”,
conclude Cohen, “niente di questo significa che l’establishment politico-mediatco americano è stato
sovietizzato”. Ma le “common practices”
sono le stesse. Non altrettanto perfezionate come quelle del Kgb, conclude
sarcastico: “La qualità dei dirigenti dell’intelligence
americana è stata rivelata quando il
capo del’Fbi James Comey - comparendo al Congresso nella veste finora sconosciuta
di esperto della Russia, un ruolo un tempo esercitato da J.Edgar Hoover, fu richiesto da un membro Democratico dei
Rappresentanti se sapeva cos’è la Gazprom (la gigantesca compagnia di Stato del
gas naturale, la più grande del mondo, produttore di un terzo delle fonti di
energia europee, e molto spesso citata nella stampa americana come un aspetto
essenziale del potere di Putin). Come disse di non averne mai sentito. Né gli
fu d’aiuto che la deputata gli spiegasse che è una compagnia petrolifera”.
Sul
punto 2-3 Cohen fa il caso dei familiari di Trump, e del deputato californiano repubblicano
Devin Nunes. Questi, dice, è colpevole “di aver confermato quello che era già
ampiamente noto: che i servizi di intelligenze nell’amministrazione Obama
sorvegliavano, come Trump ha indicato, i suoi collaboratori prima e dopo la sua
elezione”.
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