L’uscita è sospetta, il 1941. Anche la
finalità. Evola rimanda subito, nella presentazione, a “Il mito del sangue” e
“Sintesi di dottrina della razza”, i saggi elaborati in cui critica la
concezione biologica e quella antropologica della razza, per farne invece una
questione di “mentalità” (cultura, tradizione). L’“arianità”, a ogni buon conto,
mettendo sempre tra virgolette. Ma poi propone un manuale a uso degli
educatori, perché “si insegni” infine la razza.
Reazionario – non è una sorpresa. Contro
Darwin – contro “il pregiudizio
evoluzionistico… in stretta connessione con quello storicistico-progressistico.
Contro anche l’ arianesimo”, quello per cui “ex Oriente Lux”. Ma allora in favore del Nord, la cui supremazia
invece in precedenza aveva fieramente contestato nel nome della latinità.
Questa ora disprezza: “Non orientale ma occidentale, e Nord-occidentale,
l’origine delle più alte civiltà di razze bianche”. Anzi: “«La Luce del Nord», «il mistero iperboreo»,
questo è un motivo fondamentale della nostra dottrina della razza”.
L’ingegno c’è sempre. “Tutte le doti
sono presenti nelle varie razze, ma in ciascuna… assumono un significato e una
«funzionalità» diversa”. Poi, però, il bianco può sposare la nera, il nero non
può sposare la bianca – i caratteri maschili sono “dominanti”. Attenzione alle
campagne demografiche: si rischia una selezione a rovescio - dunque, bisogna
“selezionare”? E la “latinità”? È un dirozzamento: i Latini erano in Italia,
prima degli Etruschi e dei Celti, “propaggini di razza nordica”, infatti bruciavano
i morti e non li seppellivano - la “latinità” viene dopo “la civiltà eroica,
sacrale, virile, e più propriamente aria sia delle origini elleniche che di
quelle romane” (sono gli studiosi stranieri che hanno inventato la “romanità”:
asce, aquile, lupi rinviano a una romanità aria, anzi iperborea).
Inalterato è solo il laicismo: “Nostra
deve dirsi l’Italia ghibellina”, mistico-feudale, “e di Dante, non quella
guelfa e comunale”. Chiude, prima del “Luogo storico del razzismo fascista”, con
la “superrazza” italiana: “Il tipo della nostra «superrazza»” - un “tipo alto,
con spalle ampie negli uomini, membra proporzionate, snello, nervoso,
dolicocefalo…”, e “prevalentemente bruno”. Non latina, non romana, e neanche
iperborea?
Julius Evola, Indirizzi per un’educazione razziale
Nessun commento:
Posta un commento