Dante – La “Commedia” Croce, che
la poesia leggeva per frammenti, dice però non male “un romanzo teologico, o
etico-politico-teologico”
Musica sacra – È tedesca, da Ildegarda di
Bingen a, tutto sommato, Arvo Pärt, malgrado le origini estoni. Devozionale. Anche
devota, sicuramente in Buxtehude – benché danese di origine - e in Bach e nei
suoi figli. Ma anche nell’uomo di mondo Händel. Händel vi si avventura tardi, e con spirito galante,
da compositore e impresario di melodrammi, votato alla gioia più che alla passione
e compassione, e tuttavia gli oratori sono parte cospicura e rappresentativa della
produzione creativa. Mozart no, è agnostico – fa musica sacra e musica
massonica. Beethoven, benché libertario, è intimamente devoto, tanta è la forza
della sua produzione devozionale.
Per i compositori italiani è una forma
musicale come un’altra, di inni, mottetti, madrigali,…., molto elaborata (Palestrina,
Gesualdo da Venosa, Frescobaldi, Monteverdi), poco devota (Orlando di Lasso, Gesualdo,
Monteverdi). Tutti hanno una messa, ma come parte del repertorio. Allo steso
modo va la fioritura inglese degli anthems,
gli inni anglicani. La composizione francese se l’è inibita con la divisione
religiosa.
Obbedienza – Era Sciascia massone? Se
ne ha a ogni lettura la sensazione, ma sarebbe utile saperlo. Scalfari lo ha
dichiarato, ed è un passo utile nel cammino di onestà che ha deciso una volta
fuori dagli affari. Perché non c’è una storia della buona massoneria letteraria
– compresi i Nobel, per esempio? Anche chi indaga sulla massoneria, i pochi storici,
come Mola e Franzinelli, e i giornalisti, si fermano ai politici o agli affaristi.
Mentre più importane sarebbe l’influsso sulle idee.
Il papa argentino in conversazione
privilegiata con Scalfari. La massoneria italiana di palazzo Giustiniani, o del
Grande Oriente d’Italia, da tempo non è più anticlericale, un mezzo secolo. Se non
per questioni pratiche e di concorrenza: un tempo l’immobiliare, poi la finanza,
ora il fisco – la chiesa avendo abbandonato l’immobiliare e la finanza.
Quodlibet – È di Bach, J.S. – la spensieratezza
di un compositore che il germanesimo vuole accigliato. Il termine è inventato
dai Bach per la musica delle riunioni annuali di famiglia, improvvisazioni
disparate armonizzate insieme.
Skaz
– Resta il canone segreto
della narrativa russa, o meglio della critica formalista della narrativa russa.
La parola è in sé semplice: è racconto, raccontare, in forma di gergo, come
segno di riconoscimento, d’identità – ma non si può dire. Eikhenbaum, che lo ha
per primo ipostatizzato, nel 1918, e Sklovskij fanno grande caso di Leskov, e
di Gogol: l’autore si cela dietro un
narratore fittizio. Di più, nel caso di Gogol: “Il Cappotto” sarebbe la storia
di un uomo annichilito mediante l’imitazione del suo skaz, della rivolta
dell’uomo annichilito. Allo stesso modo Dostoevskij in “Povera gente”.
Nicoletta Marcialis lo dice “la stilizzazione
della narrazione orale all’interno di un testo letterario (finzionale)”.
Tynianov dopo Eichenbaum, e Sklovskij, Viktor Vinogradov, e infine il riscoperto
Bachtìn ne fanno la chiave, o il tentativo, di attrarre il lettore come parte
attiva nella rappresentazione narrativa.
Ma,
poi, perché limitarlo alla narrativa russa? Il presupposto è sempre quello di
Eickhenbaum, che una cultura è viva se è nazionale, e che una cultura nazionale
non si può dare senza un legame robusto con le sue fonti orali – supposte originarie.
Spirito
di geometria – O cartesiano: il distintivo della Francia è italiano secondo
Michelet, corso al Collège de France sulla storia della Francia, quello del
1841 dedicato al “Rinascimento eterno”: “Il principio italiano che ha fecondato
la Francia è sopratutto il genio geometrico, il principio d’ordine applicato
alla società civile, la costruzione delle grandi vie di comunicazione”.
Vichy – Era un
gran bel mondo per i letterati, per tutt’e quattro gli anni dell’occupazione
tedesca. La carta non mancava – Gallimard ha triplicato il fatturato, uscendo
dall’occupazione come l’editore più grande. Né il cibo e ogni sorta di svago,
malgrado la guerra infuriasse. Furono realizzati 220 film, più che in quattro
anni di pace. C’era la censura preventiva, su film, libri, teatro e ogni attività cuturale pubblica, che però non se ne è fatta frenare. E c’era la guerra: la carta, l’elettricità, il cibo erano razionati. Ma non mancavano.
Non si fa la storia della vita quotidiana nella
Francia occupata dalla Germania, quattro lunghi anni, che invece avrebbe molti
motivi d’interesse. Si sa che la vita scorreva a Parigi e nella Francia di
Vichy quasi normale, a parte la persecuzione degli ebrei, nella quale anche i
francesi erano attivi. Ma non di dice anche perché non si sa quanto lo era. Un
abbozzo è in un vecchio libro, 1965, di uno degli intellettuali più attivi
nella Resistenza, Vladimir Jankélévitch (“Perconare’”): “Chi di noi si ricorda
quei pomeriggi festivi della zona detta libera pieni di passeggiatori tranquilli
e di risa di bambini? Vestiti decenti, calzature nuove, conversazioni indifferenti
in cui l’attualità era così stranamente assente… Si sarebbe potuto pensare che
non succedeva nulla nel mondo”. Non c’era fame, tutto si trovava a giusto
prezzo. L’unico inconveniente erano gli allarmi notturni antiaerei, di tanto in
tanto. “I treni circolavano. I borghesi andavano in vacanza e in settimana
bianca. I conferenzieri facevano conferenze. I nostri migliori maestri
d’orchestra dirigevano con passione, per mantenere il prestigio della musica
francese, cicli Wagner a ripetizione, di che rendere gelosi le più famose
bacchette wurttemberghesi…. Parigi aveva i suoi eventi letterari, il suo
teatro, i suoi camerieri hegeliani e tutto quello che ci vuole a un grande paese
per tenere il suo rango. Era decisamente bella la repubblica delle lettere, nel
1944. Era una stagione felice”..
Hitler aveva preso Parigi il 14 giugno 1940 dopo
nemmeno un mese di guerra – i francesi non se n’erano accorti? L’anno non si era
chiuso bene per la Germania. La Lutfwaffe era stata sconfitta dalla Raf nella
battaglia d’Inghilterra. E l’Inghilterra aveva ottenuto più di un successo nel
Mediterraneo, contro l’Italia: a Taranto, in Cirenaica, in Grecia. Prima ancora
dell’invasione dell’Unione Sovietica che porterà la Germania alla sconfitta, la
guerra non era finita. Ma in Francia erta come se, con i tedeschi in casa. Pochi
mesi dopo del resto le sorti sono rovesciate: la flotta inglese è semidistrutta
nel porto di Alessandria, Rommel è alla frontiera con l’Egitto. Insomma, la
guerra continua. Ma non a Parigi. Da giugno 1940 a giugno 1944, allo sbarco di
Normandia, vita beata.
letterautore@antiit.eu
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