domenica 19 marzo 2017

L’insana sanità Usa

La prima cosa di Obama che Trump si prova a ristrutturare è la sanità. Ma è anche il primo atto di Trump che non incontra l’opposizione preconcetta e irridente, dei media e del partito Democratico. È che i costi sono altissimi, i risultati mediocri, e la materia è apparentemente irriformabile, gli interessi costituiti essendo fortissimi, l’industria ospedaliera e medica, e quella farmaceutica.
La sanità Usa ha costi e procedure che sarebbero incredibili se non fossero vere, compresa l’Obamacare, l’assicurazione medica allargata che Obama ha voluto.  Era il 15 per cento del pil nel 2008, si è gonfiata con le presidenze Obama. Finanziata con un aumento abnorme delle tasse negli otto anni, la pressione fiscale essendo aumentata di quattro punti, dal 31,7 al 35,6 per cento del pil. E con una redistribuzione dell’intervento pubblico di cui hanno fatto le spese l’istruzione, la difesa, e la sicurezza interna. Nel 2008 alle pensioni sociali andava il 5,9 per cento della spesa pubblica, alla sanità pubblica (medicare e Medicaid) il 6,7 per cento, e all’istruzione il 6. Nel 2015 l’istruzione era scesa al 5,5 per cento, le pensioni sociali e la sanità erano aumentate di oltre un punto, rispettivamente al 7 e al 7,8 per cento.
La sanità, per quanto limitata agli abbienti, prende negli Usa il 17 per cento del pil. Quasi il doppio dell’Italia, che pur avendo un sistema non perfetto, garantisce le cure e i farmaci a tutti col 9 per cento del pil – l’11 per cento in Francia e in Germania. Per finanziare il caro sanità negli anni di Obama sono aumentate le imposte sul reddito, dal 12,3 al 12,9 per cento del pil, e molto di più gli oneri sociali, in parte dovuti dai lavoratori, dal 6.4 al 9,8 per cento del pil. Senza peraltro assicurare una copertura sanitaria adeguata ai 40 milioni di non assicurati. E con un costo per gli assistiti dall’Obamacare – che è una formula assicurativa obbligatoria, coperta da un credito d’imposta al 90-95 per cento – divenuto al terzo anno di applicazione insopportabile, per il raddoppio dei premi assicurativi.
Un sistema pletorico per una metà della popolazione, inesistente o insufficiente per l’altra metà. Si fa negli Usa il 300 per cento delle mammografie rispetto alla media dei Paesi Ocse, i paesi più sviluppati, il 250 per cento di risonanze magnetiche, il 33 per cento di parti cesarei in più. Con costi unitari che sono mediamente il doppio rispetto alla media dei paesi Ocse. Anche i prezzi dei farmaci sono il doppio. Le visite specialistiche sono ancora più care, mediamente il triplo. Si fronteggiano questi costi con assicurazioni private, che per questo sono onerose.
L’inefficienza del sistema è stata aggravata dalla riforma del Welfare introdotta da Clinton nel 1996. Che è consistita essenzialmente nella liberalizzazione dei fondi federali distribuiti agli Stati: non più trasferimenti di fondi da Washington agli Stati indirizzati specificamente al Medicare e Medicaid, nonché ad altre forme di assistenza ai meno abbienti, ma trasferimenti a fondo perduto agli Stati, liberi poi questi di utilizzarli secondo i loro propri programmi – secondo le maggioranze politiche che li governano.

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