Non si sa se congratularsi per la giustizia negli appalti, oppure impaurirsi per un’indagine accanitissima che non produce prove. Sacchi della spazzatura controllati al microscopio, microspie, telecamere e teleobiettivi ovunque, roba da campagna militare. Nessun ristorante, marciapiedi, piazza e piazzola, forse pure il bagno privato, di Renzi padre è andato esente da intercettazioni ambientali.
Sembra di essere al cinema, ma col cuore in gola. Lo scandalo impazza ma la suspense e interminabile, intollerabile.
È anche un filmaccio. Troppe chiacchiere: quello ha detto che quell’altro ha detto. Dopo tanta mobilitazione di uomini e mezzi.
O allora perché le chiacchiere non farle tutte? Romeo, l'imprenditore degli appalti pubblici, era stato portato a Roma da D’Alema: copriva le buche. Ufficialmente: in realtà controllava tutte le esternalizzazioni del Campidoglio, un business
enorme, specie la gestione del patrimonio immobiliare del Comune,
plurimiliardario.
Finito in carcere, se n’era tornato a Napoli. Dove ha lavorato con Quagliariello e Bocchino. Ma l’accusa di Pignatone si restringe sul Pd. Sul Pd di Renzi, di cui Renzi vorrebbe restare a capo con le primarie.
Pignatone, Pd professo, è passato con D’Alema? O i giudici non vogliono un governo? Perché il delitto, dopo tanti giorni, ancora non c’è?
lunedì 6 marzo 2017
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