Arte – È “la natura
del’uomo” (Burke): la capacità di fare. La perfettibilità. Non l’adattabilità:
l’uomo è qualcosa in più della natura, del caos ordinato.
Crisi - La critica non avvince
se non da un punto fermo. Se non afferma una cosa: una forza, un partito, un
gruppo, un’idea condivisa.
Il
discorso sul declino della civiltà genera una reazione conservatrice, di
rigetto: la decadenza vuole potersi compiangere, o resistere, sia pure
all’ultimo sangue.
Una
storia di crisi in una società in crisi, è possibile? Cioè, si fa credere?
Etimologia – Porta
inevitabilmente a radici comuni, ma con l’effetto – lo scopo? – di
diversificare nel processo, di una “irreductio ad unum”. Anzi, di esaltare la diversità, al fine di primeggiare:
la lingua corrobora, e in molti modi sostanzia, la singolarità, unicità, della
comunità.
Gelosia – È il possesso,
si sa per più scritture. E l’invidia, come vogliono la Bibbia (“Perché Io, il,
Signore Dio tuo, sono un Dio geloso”, “Esodo” 20,5) e Erodoto (“l’invidia degli
dei”). Ma è passione della delusione – nasce dalla delusione. Si vede dai
femminicidi improvvisamente frequenti – “si vede” all’ingrosso, perché la socio
psicologia ancora latita in materia, benché il fenomeno sia invadente. Un
rapporto e una maniera di porsi e
d’essere intimi e intensi, spesso con figli, si tramuta in guerra. Il nemico di
lui, di lei, è come se avesse sottratto una parte di sé. E quindi la gelosia è
una manifestazione di possesso, ma come si può avere nei confronti di un ladro.
La
delusione, oggettivata nell’altro, è di fatto una mancanza di sé. Una perdita,
di anni, energie, desideri,realizzazioni, costruzioni – l’uomo è
costruttore.
È la zelotypìa, il cui conio è stranamente di
Aristofane, “Pluto”, quindi in un contesto comico: la donna in età tradita dal
marito giovane ricorda come questi la difendesse dalla malignità delle donne
magnificandone l’ira, la collera - lo zelos
da cui gelosia deriva. Come tale resta, più o meno surrettiziamente, vista
dagli altri. Ma era già stata, seppure sotto forma di “ira”, passione violenta
di Achille – “ira” è la prima parola dell’“Iliade” . E di molte donne in vario
modo celebri, e anzi mitiche: Deianira, Clitennestra, Medea.
È dunque all’origine
maschile e femminile, ma di più femminile. La pratica del femminicidio va quindi
letta come una femminilizzazione dell’uomo, del partner maschile della coppia?
Ma la sua pratica, se non i suoi effetti, sono di vendetta, e la vendetta usa
pensarsi maschile, in antico perfino eroica.
Giallo – Eco ne ribadisce l’ affinità” con
la filosofia e la scienza, nella presentazione a Giovannoli, “Elementare,
Wittgenstein!”, e nella recensione che ne fa, “”Lo spazio in forma di
cavatappi” (in “Pape Satàn Aleppe”).. Giovannoli lega Dashiell Hammett alla teoria
della relatività e alla topologia, e Eco lo prende sul serio. Oppure no? È
filosofica non solo la deduzione, la “Grande Catena dell’Essere”, di rapporti
disciplinati e quasi obbligati causa-effetto in un mondo ordinato, ma anche il
“paradigma «pragmatista» in cui il detective, più che risalire alle cause,
provoca effetti” – non pensa ma fa: una logica dell’azione?
Millenarismo
.
Rinasce con Heidegger - Heidegger “pensava per secoli”, Hannah Arendt? La
ripubblicazione nel 2000 del “Discorso
del rettorato”, insieme con altri testi apertamente nazisti,
tomo16 delle “Opere”, è stata calcolata
per far cadere al 2300, “fra tre secoli” come già profetato,
la fine dell’“americanismo”? L’avvento
dello “spirito” è atteso nell’intervista-testamento, “Solo un Dio ci può salvare”:
l’alba deve ancora venire, il cammino è solo interrotto, non terminato.
Ci si interroga pure sul 2014, l’anno
scelto da Heidegger per la pubblicazione dei “Quaderni neri”.
Che non celebri il 2014, l’inizio della
fine cui Heidegger, e la grande destra conservatrice tedesca, se non nazista, erano “nati” per reagire,
diciotto-ventenni alla prova della fine delle illusioni? E il colore dei quaderni
– non il colore delle copertine, uniforme all’epoca, ma la scelta del colore
come titolo?
Il risentimento è il dato ricorrente del
pensiero di Heidegger, è stato detto. Ed è vero, a rileggerlo.
Heidegger profetava. Questo si coglie a
ogni parola, e più negli appunti che ha voluto pubblicati, i “Quaderni neri”.
Un Heidegger cabalista è quello che
mancava. Vero è che molte etichette gli si possono attaccare, come ai santi,
nessuna non coerente per quanto stramba, ma a condizione di avere la fede.
Nazismo – Decadenza è parola
tedesca, ha cioè senso in tedesco. Quando Nietzsche la incontrò nel saggio di
Bourget su Baudelaire la disse subito migliore del tedesco Verfall, e d’allora in poi la trovò in ogni piega del suo discorso.
La
Entartung, degenerazione dell’arte,
era da quarant’anni prima di Hitler in due grossi volumi così titolati di Max
Nordau, il fondatore del sionismo con Herzl. Che si basava su Lombroso. Ma con
argomenti che Lukáks celebrerà ancora nel 1954, dopo Hitler e dopo Stalin, ne
“La distruzione della ragione”. Hitler insomma c’era prima, e continua a
prosperare.
Storia – Nasce dalla
politica, nella sintesi di Joseph de Maistre (“Stato di natura. Contro
Rousseau”). Ed è vero – tanto più detto da un reazionario, un tradizionalista:
“La storia è la politica sperimentale; è la migliore o piuttosto la sola
buona”.
Vergogna – È una delle parole
chiave della riflessione contemporanea - che si centra su parole chiave:
“silenzio”, “gelosia”, “invidia”, vergogna” etc. (dopo il postmoderno nulla, un
po’ di retorica?). Eco, riferendosi al saggio di Esposito, “La vergogna perduta”,
e ai libri di Belpoliti, “Senza vergogna”, e di Turnaturi, “Vergogna.
Metamorfosi di un’emozione”, la trovava da ultimo scomparsa, e legava l’evento al nuovo bisogno
della “visibilità” o “reputazione”. Quello per cui, invece che avere vergogna,
bisogna apparire e spendersi, specie se si ha poco in riserva.
In
un certo senso concorda l’antichista, forte di una spessa tradizione: “La vergogna
è una passione sociale” ingiunge Giulia Sissa dall’alto della sua familiarità
con i classici. Ma anche “una repressione culturale di massa”. Ma allora auto
inflitta: è una difesa. Non dall’esterno, che comunque colpisce dove vuole, ma
da se stessi. Una sorta di paratia che blocca deliqui, degenerescenze, sensi di
colpa. Anche preventivamente, bloccando le manifestazioni che possano nuocere.
La vergogna previene il peggio, secondo la
Rochefoucauld: “Le sofferenze della vergogna e della gelosia sono così acute perché
la verità non può aiutarsi a sopportarle”. Ma non in senso euristico: in senso
patologico, passionale.
zeulig@antiit.eu
Nessun commento:
Posta un commento