Cerca nel blog

venerdì 7 aprile 2017

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (322)

Giuseppe Leuzzi

Pierre Cardin, veneziano di nascita, non ha mai rivangato l’origine, anche se poteva servirgli al lustro di stilista. Lo stesso del resto, pur nella sua costante ricerca di popolarità, il papa argentino, figlio di un emigrato piemontese.
L’origine è solo un fatto meridionale, una cosa familistica?

“Dico sud perché sud dà molto più di meridionale senso di calore e gioca di suono con sudore”, A.Savinio, “Nuova Enciclopedia”, 327-8. E di “sudicio”?

Contrario all’infinito, che “reca pure danni ai troppo creduli”, il socialismo, per esempio, l’impressionismo, Savinio ne esenta “i popoli meridionali”. “Privi dell’idea dell’infinito”, spiega nella “Nuova Enciclopedia”, “dello ‘sguardo’ all’infinito, i popoli meridionali non sono né socialisti né impressionisti. Le popolazioni della Basilicata, della Calabria, della Sicilia, della Puglia non solo negano l’infinito come idea ma lo rifiutano anche come forma verbale. A Catanzaro sostituiscono all’infinito una proposizione secondaria introdotta da mu, a Reggio da mi”. Il che è vero.
Poi ci ripensa: “Dicono: Anno raggiuni mu ti chiamanu ciucciu, hanno ragione a chiamarti ciuco. E questo esempio sembra che io l’abbia scelto apposta, per evitare ogni fatica ai miei censori”.

All’ospedale romano del Santo Spirito l’archeologo, romanziere e giornalista francese Edmond About vede nel 1858 o 1859 “un contadino rosso come un pomodoro e trasudante a grosse gocce nel suo letto”. Gli viene spiegato che “è stato morso dalla tarantola”, ma lui non nota “nulla nel suo contegno che riveli la passione della danza”. Chiede e gli viene chiarito: “Il mio giovane dottore m’assicura che il morso delle tarantole induce un movimento di febbre assai gagliarda. Tuttavia ritiene che la paura entri in buona misura in questa malattia. Tanto che basta qualche volta un bicchiere d’acqua pura, o una pillola di mollica di pane, per guarirla radicalmente”.
Quanta scienza, quanta antropologia, su una somatizzazione.

Lo stupore del Sud
Federico II fu il classico figlio della madre. Era nipote del Barbarossa ma prese dalla madre, Costanza d’Altavilla, l’irrequietezza. Lo”Stupor Mundi” si può dire anche il padre prototipo, che oscura e divora i suoi figli - il padre-Crono. E con loro il futuro della Sicilia e del meridione tutto: Sicilia, Calabria, Puglia, Abruzzi e il salernitano.
Federico II di Svevia o di Hohenstaufen, nato a Jesi e morto a Fiorentino di Puglia, imperatore del Sacro Romano Impero regnante da Palermo, eletto a Aquisgrana, incoronato dal papa a Roma, nonché re di Gerusalemme, per matrimonio e per autoincoronazione nella stessa città santa. Il “puer Apuliae” detto anche “Stupor Mundi”. Figlio dei normanni Altavilla. Ebbe tre mogli, con le quali fece sei figli. E molte amanti, una diecina note, dalle quali ne ebbe altri undici.
Il primogenito Enrico fu nominato re di Sicilia e di Germania dal padre, che se n’era fatto l’erede, Enrico VII. Ma Enrico presto si ribellò: cresciuto in Germania, lontano dall’influenza di Federico, prese il partito dei feudatari ribelli, e poi della Lega Lombarda. Il padre lo destituì dai titoli regali con l’accusa di alto tradimento. Che avrebbe comportato l’esecuzione, ma Federico II la tramutò nella carcerazione a vita. Nel trasferimento dal castello-prigione di Nicastro a quello di Martirano in Calabria, Enrico si suicidò buttandosi da un dirupo. Era chiamato “lo sciancato”, per una zoppia rimediata cadendo da ragazzo da cavallo. Ed era butterato dalla lebbra, contratta pare per contatto, con donne portatrici sane. Una storia alternativa lo vuole morto invece di malaria, sempre a Martirano. Federico II lo fece seppellire con onori regali nel Duomo di Cosenza.
A Enrico successe Corrado VI, figlio di Federico II e di Isabella di Brienne, la regina di Gerusalemme sposata dopo al morte di Costanza d’Aragona, la madre di Enrico. Nato a Andria e morto a Lavello. La madre diciassettenne morì pochi giorni dopo il parto. Corrado fu duca di Svevia e re di Germania, e alla morte del padre re di Sicilia e di Gerusalemme. Cresciuto a Palermo dal padre, fu inviato in Germania alla deposizione del fratellastro Enrico. Fu anche nominato da Federico II suo successore alla corona imperiale per testamento, senza rispettare il parere dei grandi elettori tedeschi. Sarà il fondatore dell’Aquila, il capoluogo abruzzese. Ma morì subito dopo il padre, nel 1254, di malaria. Fu sepolto a Melfi per metà, cuore e visceri. Il corpo era destinato alla sepoltura solenne a Palermo, ma nella sosta a Messina finì bruciato nell’incendio che distrusse il Duomo della città. Corradino, suo figlio ed erede ad appena sedici anni, sarà sconfitto a Tagliacozzo da Carlo d’Angiò. Che lo fece decapitare, nella piazza Mercato a Napoli.
Concorrente di Corrado - e poi di Corradino - fu il fratellastro Manfredi, nato da Bianca dei conti Lancia, o Lanza, del Monferrato. Bianca sarebbe stata l’unico vero amore di Federico II. Principe di Taranto, Manfredi tenne la luogotenenza del regno di Sicilia alal morte del padre, in attesa di Corrado dalla Germania. Col quale non ebbe però buoni rapporti. Morto Corrado, riprese la luogotenenza del regno di Sicilia. Morto anche Corradino, si fece incoronare imperatore dai soli feudatari siciliani, nella cattedrale di Palermo, e fu scomunicato dal papa. Ma durò poco: il 16 febbraio 1266, a Benevento, Carlo d’Angiò sconfisse e uccise anche lui – ch fece seppellire sotto un ammasso di pietre, in riconoscimento del valore dimostrato in battaglia. Riesumato, il cadavere sarà poi disperso, lontano ai possedimenti del papa. Manfredì fondò Manfredonia, che doveva diventare la capitale della Puglia.   
Il figlio preferito fu il minore, Enzo, che Federico II ebbe da Adelaide di Uslingen. Celebrato dal padre “nella figura e nel sembiante il nostro ritratto”. Suo compagno nella caccia col falcone – lo chiamavano “il Falconcello”. Divenne per matrimonio re di Torres e Gallura. Acceso ghibellino, fu nominato dal padre nel 1339 Vicario imperiale in Italia. In questa veste combatté vittoriosamente  molte battaglie, a danno dei possedimenti papali nelle Marche dapprima, e poi nella pianura padana. Fino alla sconfitta alle porte di Modena nel 1249. Subì quindi la prigionia per un quarto di secolo, fino alla morte, nel palazzo bolognese poi noto come del re Enzo. Una prigione aperta, con compagnia di poeti e belle donne.

Il razzismo del Corriere della sera”
Stella scrive il solito pezzo contro il Sud, questa volta contro Taormina. Che la grafica ingigantisce. Un lettore di Novara ne è tanto schifato che si sente in obbligo di scriverne al giornale: com’è possibile che ci sia tanta sporcizia e tanto squallore come a Taormina. La vedette concorrente del giornale, Cazzullo, tenutario della posta, ne approfitta per dissociarsi: “Taormina è bella e cara”. Non solo al mondo intero, intende, anche ai milanesi.
Segue Stella sullo stesso giornale, o lo anticipa, una pagina per Davide Casaleggio, nobiltà dell’informatica, con sede a Milano, e della politica. E chi gli contrappone il “Corriere della sera” come voce dal Sud, sulla stessa pagina? Salvatore Cuffaro, ex galeotto per mafia.
Paolo Mieli storico inclemente dei giudici fa l’elenco delle loro malefatte in un maestoso articolo lunedì. Ma lo limita ai giudici di Puglia, nemmeno un accenno ai giudici di Milano, altrettanto esemplari, se non di più.
Virginia Raggi dice alla maratona domenica che Milano è “un po’ gelosa”. Profluvio di commenti e commentatori: “La gelosia è vergogna”, etc. Mentre in altra pagina lo stesso giornale mette Milano maratoneta in concorrenza con Roma. Puntiglioso elencando, con evidenza grafica, tutti i numeri della supremazia di Milano anche in fatto di maratone. Lo stesso giornale che qualche settimana prima aveva decretato l’eccezionalità del turismo a Milano (turismo a Milano…) - che anzi aveva sorpassato e surclassato Roma.
Un giornale razzista, di dentro e di fuori (subliminalmente e dichiaratamente) come il “Corriere della sera” è difficile concepirlo. Opera peraltro di un editore che è un venditore di pubblicità: è la sola maniera per venderlo?
È vero che lo fanno fare a meridionali, sia a Milano che a Roma. Lo stesso Stella ha solerti collaboratori meridionali, piccoli quisling che aspettano la luce – la chiamata, magari come fattorini, o per pulire le scale.
Ma, ecco: i milanesi ci credono, al “Corriere della sera”?

Il Nord è Nord il Sud è Sud
Una coppia romana assortita, lei di famiglia veneta, lui di famiglia siciliana, vive a Roma nei ruoli stabiliti, tacitamente, diciamo di tipo leghista.
Il padre di lei ha applicato il maggiorascato, benché desueto e anzi illegale, a favore del figlio maschio. Al quale ha anche comprato casa a Roma. Mentre alla figlia non ha dato niente. Anche la madre, che vive vicino Roma e fa affidamento sulla figlia per i problemi dell’età, ha aiutato e aiuta finanziariamente il figlio maschio – non per bisogno.
La coppia vive in un appartamento comprato con l’aiuto del padre di lui. Lei è cosciente della disparità di trattamento. Ma la sua famiglia è quella di origine.
La sua famiglia è quella di origine con un sottinteso: che è più moderna e aperta, mentre quella del marito è arcaica e patriarcale.

La piovra
Gli appalti truccati e gli arresti al Comune di Milano non fanno notizia. Fanno invece notizia, sui grandi giornali, alla Rai e su Sky, i sequestri di beni e attivi della cosca Pesce di Rosarno. La quale è nota ai Carabinieri da quarant’anni, che nel 1980 ne avevano tracciato tutte le attività, anche minime, anche fuori d’Italia, in Costa Azzurra tra i campi di fiori, dove alcuni familiari erano emigrati negli ani 1960. E periodicamente “sequestrata” da almeno trent’anni, da quanto era Procuratore a Palmi Cordova. Come si leggeva nel nostro “Fuori l’Italia dal Sud”, 1992 – la storia della famiglia era raccontata a Bocca, “Aspra Calabria”, sempre 1992, dall’on. Giuseppe Lavorato, del Pds: Beppino Pesce nel 1960 era un contadino povero, di famiglia grande e povera...

Una vera piovra criminale, che si riproduce per quanti tentacoli se ne tagliano? Ma è la ndrangheta una piovra o l’immagine piovra fa la ‘ndrangheta?
Ma quanti sono questi Pesce che moltiplicano le attività da trenta e quarant’anni? Si capisce che sguscino, nomen omen. Però: perché non vengono arrestati per i crimini prima che sequestrati per i beni, che ‘ndranghetisti sono?


Voglio un padre mafioso
Theodore Melfi, il nuovo regista giovane americano, “Il diritto di contare”, ha origini siciliane per parte di padre. Che carica di colpe gravissime nelle bio a uso delle interviste promozionali. Era irascibile, sposò la madre suora in quinte nozze, era della mafia, era manesco, e fu ripudiato dal figlio che aveva sedici anni. Mentre era un costruttore, dieci anni dopo essere arrivato dalla Sicilia, fallito, quindi giornalista e editore di giornali, sfidante di Mario Cuomo per il governatorato dello Stato di New York nel 1982, socievole e affettuoso - lalbum delle foto di famiglia che Melfi esibisce stranamente lo prova. La madre era effettivamente una suora, ma giovane donna molto fragile, come lo stesso Melfi ricorda, che aveva da tempo abbandonato il convento, entrava e usciva dai manicomi, e nel padre aveva trovato una vita. 
Che il padre fosse mafioso Melfi lo arguisce dal fatto che una volta uscì dal supermercato col carrello pieno senza pagare, con un semplice sguardo dintesa col gestore. Con il fatto che prima abitavano in una bella casa e dopo in una minuscola. Un padre siciliano non può avere problemi economici, e magari fare la spesa a credito dal droghiere, o essere in credito col drogheire stesso, ma solo essere stato mafioso o non esserlo più. 
Il peggio del carattere delluomo è che una volta gli fece mangiare davanti al cassiere il lollipop che Melfi ragazzino aveva rubato al supermercato e il cassiere gli aveva notato nelle tasche  
Se non è mafioso il padre non è siciliano.

leuzzi@antiit.eu

Nessun commento: