sabato 1 aprile 2017

Ci sono sempre state razze inferiori negli Usa

Sotto tiro negli Usa, nelle insorgenze nativiste, sono state le cosiddette razze “inferiori” dell’Europa, insieme con i cinesi e gli indiani. Nel quadro dell’eugenetica preconizzata da Charles Davenport - un filantropo di fine Ottocento che divisava una società in cui “innamorarsi con intelligenza”. E per una breve stagione anche del mito ariano.
L’avvocato Madison Grant e Theodor Roosevelt, poi presidente Progressista e Nobel per la pace, fondarono nel 1895 la New York Zoological Society (successivamente evoluta nell’attuale Wildilife Protection Society), al fine di bloccare l’emigrazione dall’Est e Sud Europa, e sterilizzare gli immigrati da quelle zone, italiani, iberici, balcanici. Il blocco divenne legge, e la sterilizzazione fu libera fino a tutti gli anni Venti, fino a che la Depressione non la rese onerosa.
Nel 1924 la nuova legge Usa sull’immigrazione puntò esplicita e radicale a garantire il carattere nord europeo, più specificamente “sassone”, della popolazione. Basandosi su “The Passing of the Great Race”, dell’ambientalista e eugenetista Madison Grant, 1916, sottotitolo “The racial basis of European History”: una teoria del razzismo che l’autore poneva a base dell’antropologia e della storia. Celebrativa di una “razza nordica”, un raggruppamento antropologico-culturale poco definito ma centrato sulla Scandinavia e l’antico tedesco. Era questo il fulcro, argomentava Grant, dello sviluppo umano.
Grant era un avvocato, ma le sue argomentazioni si pretendevano scientifiche, e come tali ebbero successo, di pubblico e politico, nel Congresso che doveva ridefinire la politica dell’immigrazione. Eugenetista, Grant predicava anche la limitazione dei matrimoni “inter-razziali”, e la separazione-eliminazione dei “tipi razziali senza valore”.
Il Johnson-Reed Act, la nuova legge Usa, escluse ogni immigrazione dall’Asia (l’Africa non era nemmeno presa in considerazione) e limitò fortemente l’immigrazione dal Sud e dall’Est Europa, con un sistema di quote basato sull’origine della popolazione naturalizzata nel 1890. A quella data l’immigrazione dal Nord Europa rappresentava l’80 per cento del totale. Così gli italiani, che erano arrivati in gran numero successivamente, in media 200 mila l’anno nei dieci anni dopo il 1900, ebbero la quota annua di nuova immigrazione limitata a 4 mila. Mentre la quota annua per i tedeschi era di 57 mila. L’86 per cento dei nuovi arrivi era riservato ai paesi europei “nordici”, con le quote più alte per la Germania, la Gran Bretagna e l’Irlanda. Le quote per l’Italia e gli altri paesi europei erano così restrittive che il saldo netto fu nello stesso 1924 e successivamente negativo: più italiani lasciavano gli Usa di quanti vi entravano.
Dieci anni dopo il Johnson-Reed Act, il programma di eugenetica fu adottato da Hitler.
Apparentato è stato per una breve stagione anche il mito ariano. Il 4 agosto 1914 un giudice a San Francisco, dovendo statuire sulla richiesta di cittadinanza di un indù, dopo attenta ponderazione decise che gli indù di casta elevata erano liberi e bianchi, essendo “ariani”. Era quella la seconda richiesta indù di cittadinanza Usa, la prima era stata rigettata per essere il richiedente non di casta elevata - due settimane dopo il governo britannico del Canada respinse ottomila indiani che a bordo del “Kamagatamaru” tentavano di sbarcare per essere sudditi dello stesso impero: non erano di casta elevata.

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