Morselli
pensava che ci si potesse divertire con un re Savoia al tempo della dittatura
Einaudi? Un re divertito, a suo modo, anche lui, che parlava per
di più un ottimo francese. Si capisce che non lo pubblicassero. Un divertimento poi spassoso, al
tempo dei visi lunghi? Pallidi, gravi. È anche vero che sembra contemporaneo,
più che anni 1970, quando fu scritto.
Un
divertissement, giusto il titolo. Una
prima parte storico-pettegola, che intitola, hegeliano pentito, “Il ventaglio
dei possibili”. Una seconda storico-gialla, con un detective inglese –
all’apparenza. Il re Umberto, che non crede tanto alla sua regale missione, ed
è intrappolato dall’etichetta, si prende una vacanziella in montagna in
Svizzera, in incognito. Per un’occasione anch’essa non augusta che gli si
presdenta: fare cassa venendo a una “vedova Krupp” uno dei tanti casteli
abbandonati, con relativi ettaraggi incolti, che ha ereditato sui monti
piemontesi. Dal piccolo albergo dove dimora invognito muove all’assaggio delle
piccole cose, fino ai dolci della fornaia bionda, dell’aria pura, e di
accoglienti disinibite donne di ogni età e rango – donne e non signore.
Un’“ultima
vacanza” da Belle Époque, da Fine Secolo, prima di essere sommersi dalla
“febbrile vita moderna che s’incarna nella tecnica divorante,il telegrafo (fra
poco anche il telefono), l’illuminazione elettrica, la corsa vertiginosa dei
convoglii ferroviari”. Come oggi al Millennio, sommersi dall’ipod
versatilissimo, dai social, e dalla Cina. Come favolello da Belle Époque
Morselli lo indirizza infine alla “cara lettrice” – giustamente, è una lei il
lettore di romanzi: “Un libro deve riuscire evasorio, quando descrive
l’evasione”. In un’Italia che, già all’epoca di ambientazione del racconto,
1889, era “inquieta, sconnessa, scalcinata”.
Guido
Morselli, Divertimento 1889
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