Nei
quasi trent’anni di Troubles, un politico che si voleva recare in Irlanda del
Nord (e anche in Scozia) doveva viaggiare con un esponente del partito avverso
(protestante se era cattolico, e viceversa). Per evitare attentati. Troubles è l’eufemismo
in uso per la sanguinosissima guerra civile nord-irlandese, fino al Venerdì
Santo del 1998.
Hamm
ne ha ricavato il soggetto per sceneggiare la pace infine intervenuta tra gli Unionisti protestanti e l’Ira, Irish
Repubblica Army, cattolica. Facendo viaggiare con uno stratagemma il capo degli
Unionisti, il reverendo Paisley, col capo dell’Ira. Soli per un paio d’ore, con
un giovane autista che è un agente segreto britannico, sapiente a costringere i
due alla conversazione. Finché non trova il verso giusto, il vezzo irlandese di
inframezzare le frasi con “è così”, “non può essere che così”, e altre
interlocuzioni rassicuranti: i due si accettano scoprendosi irlandesi, malgrado
tutto.
Un
film politico, quindi semplice (scontato). Anzi patriottico - Hamm è nord-irlandese, e così la produzione.
Ma con la vecchia chiave dell’all male,
un racconto di cose da fare, al netto dell’eterno femminino. E con un sottile
disgusto della politica, di cui la guerra civile è il reagente: non quella
classica, celebrata da Aristotele & co., o del buongoverno, ma passione
deviata, ambizione. Il reverendo, che ha fin’allora negato perfino la presenza
del cattolico accanto a lui in macchina, si scioglie quando questi gli
prospetta di diventare primo ministro dell’Irlanda del Nord.
Nick
Hamm, Il viaggio
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