“Roma
non è solamente la vittima, è anche complice del potere”. Dire Roma è oggi dire
calabresi e abruzzesi, più le vecchie generazioni di marchigiani e umbri, e il
gran numero di “ebrei del papa”, tutti più o meno annacquati. E il potere
temporale non esiste più. Ma il potere sì, e ben nelle forme del potere
temporale del 1859 - poco o nulla è cambiato da quando l’archeologo, romanziere
e giornalista del Secondo Impero ne scriveva, in “La questione romana” e subito
dopo in queste impressioni di viaggio – ma lui era piuttosto un residente,
italianato, romanizzato.
Per
il resto? “Si lavano i morti nell’acqua calda. Quanti Romani non ebbero che
quel bagno!” Anche qui tutto è cambiato: i romani si lavano. Ma non curano la
sporcizia, che sempre affligge la città. Non si accoltellano più come allora - c’era
a Roma, durerà fino al primo dopoguerra, la “tradizione” dei coltelli, degli “er
più” trasteverini”. Non
più tra amici e parenti, specie dopo aver bevuto, ma ne hanno continua la tentazione,
e una dozzina di assassinii l’anno per questioni sempre di nessun conto si perpetrano,
a fronte dei 120-50 di allora. Impuniti come allora? Più o meno sì, un assassinio
a Roma si sconta poco. Non è più la “dolcezza paterna” del potere temporale dei
papi, ma il suo succedaneo, quello
vicariale e democristiano, è ugualmente attivo: si tagliano teste, specie di
“amici” politici e “fratelli d’anima”, e si perdonano nemici.
Roma è sempre
uguale, irriformabile, immutabile? Parrebbe. Si legge questa memoria del 1859,
vigilia dell’unità, con senso di stanchezza. “Nessun popolo è meno capace di guidarsi da sé. Fecero la
Repubblica, ma accettarono contenti il ritorno del papa e il vecchio ordine”.
Vivono in pace coi nostri soldati, il cronista francese si meraviglia dell’occupazione,
ormai da dieci anni, “non celebreranno mai dei Vespri Siciliani”. E sarà vero
per altri dieci anni: Roma non fece nulla per unirsi all’Italia. “A Roma non vi
è legge”. E in Italia? Vi è la plizia, come a Roma sotto il papa, che è però un’altra
cosa. E “non ve n’è alcuno che non studii la maniera di non lavorare”. La mendciità
è “florida”. Con quel fondo di
durevolezza – vizi pubblici, private virtù - che la storia ha tenuto in vita millenaria.
“Ciò che loro non manca è il rispetto e la conservazione di sé stessi”.
Nell’unica
edizione approntata nel dopoguerra, quella della Ue Feltrinelli del 1953, una
vecchia traduzione annotata e introdotta da Ranuccio Bianchi Bandinelli, questi
ne fa un atto d’accusa contro lo Stato pontificio. E invece no, il potere
temporale About aveva discusso alcuni mesi prima, pubblicano “La questione
romana”. Qui racconta cose viste. Onesto.
About era massone emerito, scrittore eminentemente anticlericale. Scrive
inoltre nel 1859, dieci anni dopo che Pio IX, restaurato a Roma dalle truppe francesi,
si era impegnato col futuro Napoleone III alla riforma della giustizia e della
fiscalità, senza poi farne nulla. Ma l’inviato speciale si attiene alle cose,
sgradite e gradite, che vede.
Edmond
About, Roma contemporanea
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