Nel
romanzo di ambiente isolano, che la scrittrice sarda Milena Agus ha pubblicato
nel 2006, traslato in Provenza, Garcia innesta una storia di amour fou. La follia della donna sola e
ribelle del romanzo viene avvolta in una storia di amore isterico, dal quale ricaverà
un figlio, che si costruisce nel sanatorio dove è ricoverata per una calcolosi.
Un amore di cui vivrà per molti lunghi anni, venti o poco meno: non disfa la
valigia uscendo dal sanatorio, aspettando un cenno per ricongiungersi con
l’amato, e gli scrive appassionate lettere. Interviene poi risolutore un
meccanismo di sliding doors, e
sapremo che in realtà la notte d’amore furibondo, dopo tanti anni di frigidità,
che la fa sognare l’ha avuta col marito.
Il
marito è d’occasione: un manovale trovato dalla madre non amata, muto più che
ciarliero, col quale la folle d’amore ha stipulato un matrimonio in bianco. Sarà
lui a liberarla dalla follia, rivelandosi
saggio e innamorato – “volevo che tu vivessi”.
Una
storia non facile. Cui tuttavia gli attori, specie le parti femminili, Marion
Cotillard in testa, danno scorrevolezza.
In
tempo di femminicidi, una storia diversa. Diversa da quella di Agus anche per
un non velato antifemminismo – o di un femminismo della diversità, non omofobo.
Nicole
Garcia, Mal di pietre
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