Un
“lungo e tranquillo conversare” sulle meraviglie di Milano. Nell’anno 1944. Un
libro straordinario soprattutto perché è del 1944. Che a Milano non fu facile,
e anzi. Ma non per il passeggiatore solitario. Non, tuttavia, insensibile: “Si rievoca. Si passa tranquilli, indifferenti, fra i
ricordi che il dramma ha lasciato dietro di sé. E solo c’è voce per un discorso
calmo”.
Savinio
racconta Milano, per impulsi, come suole. La trova “dotta e meditativa: la più romantica delle città italiane”. Gli elogi
sono molti. “Le idee che a sentimento mio accompagnano il nome di Milano sono:
Giustizia Illuminata, Mancanza di Odio, Ignoranza della Crudeltà”. Città “tutta
pietra in apparenza, e dura”, per lui come già per il milanesissimo Gadda, con
le sue facciate senza carattere. Ma anche “morbida di giardini «interni»”. Perfino
la nebbia e i fumi trova di gusto, dilettandosi a respirarne, “a pieni polmoni”,
“l’odore di legno bruciato esalato dai camini e
custodito dalla nebbia”. Cita l’amato Stendhal, “Memorie di un turista”:
“Senza che se ne rendano nemmeno conto, i buoni abitanti di Milano sono alla
testa della civiltà”. Di duo aggiungendo: “Città civilissima , per industrie e
commerci reputata, ma che per gli studi e la poesia meriterebbe fama ancora
maggiore”. Milano è “la città più greca d’Italia”, e dentro la città e fuori:
priva di spaventosità. “L’odor di studio si fiuta dappertutto a Milano”. E “l’aria
di Milano non è cattolica”. Il “mistero” delle case milanesi che incupiva
Gadda, che le facciate rivolgono all’interno, trova “un perfezionamento del megaron” greco - altrove, alla voce “Travestimento” della “Nuova
Enciclopedia”, ne farà un caso di virtù: “La mancanza di facciata e l’importanza
della facciata «interna»” ascrivendo alla mancanza di vergogna (si maschera chi si
vergogna). “Milano riposa sull’acqua,
e questa è una delle ragioni della sua perenne freschezza”. Città di studi,
“maestra di domestica scienza”. Dopo aver rilevato che “l’odore di studio si
sente dappertutto a Milano”. C’è pure Camilla Cederna, “bella e intellettuale
amica”.
Una
passeggiata in compagnia, in realtà, di Stendhal – e un omaggio all’amico
trapassato. “Milano crea naturalmente gli stendhaliani… Città squisitamente
peripatetica e dialogica”. Non per nulla fu “milanese” anche Petrarca, che
lasciò scritto di volere sepoltura nella basilica di Sant’Ambrogio, “il poeta
più greco d’Italia”.
Qualche
riserva non manca. “Non appena ho finito di scrivere la parola Crudeltà, scoppia
nella parte ancora bianca del foglio una risata così tagliente, che lacera la
pagina da parte a parte”. La Crudeltà trovando talmente connaturata, “non nasce
nemmeno dall’odio”, che è ignorata. Di Goldoni ricorda che a Milano, dove
faceva l’amore con Margherita Biondi, diceva che i fiorentini chiamano i
milanesi “lupi lombardi”. Ma non lo ricorda per ristabilire i pesi: è felice e
vuole dirselo, nel più lungo dei suo libri.
Curioso
Savinio, citabile all’infinito. Ma immedesimabile? Dalla città “«insudiciata»
dalla morte”, il proposito eleva di “mondare l’italiano dal meridionalismo e
soprattutto dall’orientalismo”.
Alberto
Savinio, Ascolto il tuo cuore, città,
Adelphi, pp. 396 € 25
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