Comico
–
“Ha vita breve”, dice Savinio, “Nuova Encicloperia”, 96: “Presto si spegne e
anche più presto si corrompe”. Ne è riprova lo scoramento che danno i vecchi giornali
umoristici. E anche la rilettura di Plauto o Aristofane.
Il comico ha bisogno della
novità, della sorpresa: “Il comico, per essere fresco ed efficiente, va rinnovato
di giorno in giorno, se non di ora in ora”.
Dettaglio
–
“Dio (o la verità, o tutto) è nel dettaglio”: la chiave (anche kafkiana?) è nelle “Mille e una
notte”, il dettaglio che crea meraviglia.
Francia
Scott Fitzgerald – Curioso monumento cavo. Come una silhouette, ritagliata da amici, tutti
estremamente devoti ma con riserve, critici, in genere mal volenti, e
soprattutto gossipari, di cui si può dire il beniamino - il precursore inarrivato
del jet set. Senza consistenza
propria – non si sa nemmeno se chiamarlo Fitzgerald negli indici dei nomi e
negli scaffali delle librerie oppure Scott Fitzgerald (è Fitzgerald, Francis
Scott). Celebrato sempre con riserve, anche di sostanza, anche da parte degli
ammiratori, per primo Edmund Wilson, che fu suo amico e aiutante, gli
correggeva anche le virgole, ora da Arbasino, “Ritratti e immagini”, che per
molti aspetti lo rifà. Viene dato come “creazione” altrui, una sorta di marionetta
parlante della critica, dello stesso Wilson, o di Hemingway, o di monsignor Fay
(Shane Leslie e lo stesso Arbasino dietro di lui), perfino dei Murphy, i ricchi
salottieri americani della Costa Azzurra. Perfino il suo ritratto “ufficiale”,
quello del sito a lui dedicato, lo ritrae con un taglio di occhi, e della
fronte, della bocca, della chioma, che ne fanno una donna middle-aged quanto usavano i capelli a crocchia divisi in due
bande.
Ammirato dai gossipari per una
vita avventurosa che invece non ebbe, se non di debiti e alcol – come molti
americani ordinari. Invidiato per una moglie che invece era più sciocca che
bella.
Flaubert
–
“Somigliava a un fotografo di provincia”, dice Savinio, “Nuova Enciclopedia”,
169 (“Del fotografo di provincia aveva il collo taurino, gli occhi esorbitati e
acquosi, il sommo del cranio spoglio e una corona intorno al cranio di capelli
abboccolati, baffi da Vercingetorige”): “Accanto a ingrandimenti riuscitissimi,
precisi, documentari” (Bovary, ‘«L’Educazione sentimentale»), “e a una negativa
perfetta come «Bouvard e Pécuchet»,associò come fanno i fotografi di provincia,
fotografia e pittura – pittò con la melassa di canna.., pitture da dare il
diabete come la «Tentazione di sant’Antonio» e «Salambô»”.
Germania
–
Arbasino ha (“Ritratti e immagini”, 52) “la dolorosa compattezza e l’immobilità
domestica e la clausura addirittura claustrofobica di una cultura come quella
tedesca”. Della gente cioè che più va all’estero. Thomas Mann ne è il caso
preclaro, o Günter Grass, ma tutti lo sono più o meno, per quanto cosmopoliti e
poliglotti, inscalfibili (Thomas Mann è anche quello che nel dopoguerra ha
“rivelato” alla radio ai tedeschi i crimini di guerra nazisti).
Arbasino opina che “la reclusione
e la compressione – e un décalage notevolissimo fra la domesticità e il
vagheggiamento – possano produrre pensieri profondi, sistemi elevati, meandri
rarefatti in cui s’aggirano anime belle e non di rado bellissime”.
Ci vuole domesticità assoluta per
il vagheggiamento?
Immigrazione
–
Poco accogliente “nei paesi anglosassoni”, la dice Gadda nel 1932 – non era
ancora epoca di “perfida Albione” – in un articolo sulla “Divulgazione tecnica”
per “L’Ambrosiano”. Dove fa carico agli Stati Uniti della “tendenza
anglosassone a respingere duramente le altre razze dai possibili benefici della
fortuna, buttandole fuori casa senza riguardo”.
Primo
Levi –
Non si celebra per i trent’anni della morte, l’11 aprile 1987 – niente al
paragone dei quarant’anni di Pasolini, perfino dei trent’anni dell’aborrito Cassola.
Se non da Giornate della memoria, visite compunte a Auschwitz, lezioni di
educazione civica. Nessuno studio critico, soprattutto non della sua opera di
scrittore. Che invece è una delle più resistenti del secondo Novecento, se non
la più robusta.
Lucciola
–
È “vescica” in francese, vessie. Nel
detto “prendere lucciole per lanterne”, che in francese recita “prendre des vessies pour des lanternes”.
Mussolini
–
È “un colossale membro virile” anche in Savinio, “Nuova Enciclopedia”, p. 376,
in contemporanea con Carlo Emilio Gadda, ca 1944. La sconfitta genera mostri.
Omero
–
È ironista, più che celebratore di miti. Sintetizza in un anno, l’ultimo, una guerra
durata già nove anni, che è l’ultima di nove o dieci guerre, e l’ultimo atto di
una storia durata mille anni. Racconta con distacco - con ironia - la
truculenza achea e dorica tipicizzandola in episodi rivoltanti, e salvando per
converso le donne, di ogni parte, Elena compresa, la fedifraga, e Ettore per il
suo senso della famiglia.
Proust
–
Obbligato da malattia a lungo decubito, Savinio si sorprende a “prousteggiare”.
Non lo ama e lo dice un chroniqueur,
che Proust certamente è. Ma non in senso peggiorativo – la cronaca Savinio
vuole la linfa che tiene vitale la narrativa e la poesia francesi. “Lo stile,
studiatissimo e ricercatissimo, non ha altro fine se non di condensare la
documentazione”. Che è sovrana: “La sua opera è al tutto monda da qualsiasi
fine prestabilito, non sviluppa nessuna tesi, non propugna nessun principio,
non si richiama a nessuna idea, non contiene nessun presupposto né morale, né
sociale né etico”. L’omosessualità è un fatto, Proust non ne fa bandiera di
libertà o di principio – compreso il moralismo che a tratti l’affligge.
Le chiavi dei personaggi della “Ricerca” sono
delucidate. Ma perché non ipotizzare più cambiamenti di sesso? Una Odette al
maschile, uno Swann al femminile (Odette wikipedia attesta che è “diminutivo
francese femminile del nome Oddo”), etc. Come
rivendicazione “militante” del gay-lesbismo, e coperta (indiretta) del transgender.
Come indifferenza al gender.
Un Proust del genere sarebbe satirico
fino al cinismo. Romantico non è, malgrado il capitolo Albertine. O: come e
perché la narrazione gay-lesbica non è romantica.
Roma - “A
Roma di mattino presto ho guardato dal cimitero protestante fino al Testaccio e
ho gettato via la mia pena!” I.Bachmann, “Quel ch ho visto e udito a Roma”,
124.
È ombrellifera. L’orizzonte di Roma Edmond Abot,
“Roma contemporanea”, 1859, vedeva a ombrello. Quello delle cupole e quello del
verde. A ombrello aperto coi i pini, “la più parte”, a ombrello chiuso con i
cipressi.
Russia – “Dostoevskij e Turguenev
potevano ghiottamente incontrarsi a Baden-Baden, probabilmente sorseggiando
champagne, bibita mai posatasi sulla ‘console’ di casa Kant o sul comodino di casa Keller”, A.
Arbasino,”Ritratti e immagini”. Un altro mondo.
Scrivere - Progettare l’opera “c’est
fumer des cigarettes enchantées” (Balzac)
Stile – “Come una vernice trasparente, deve
ricoprire i colori, renderli più brillanti, ma mai alterarli”. Stendhal, “Vita
di Metastasio”, 52.
Tolstoj – Aristocratico tra aristocratici. Quando scriveva “Guerra e pace”, con
principi e conti che parlano francese, spiegherà che non aveva altro in mente:
“La vita degli impiegati, dei mercanti, dei seminaristi e dei contadini non mi
interessa, e mi è mezzo incomprensibile, la vita degli aristocratici mi è
comprensibile, interessante e cara” – “la vita degli aristocratici di quel
tempo”, specificava, “grazie ai documenti dell’epoca, e anche per altre
ragioni”.
Per lettori, anche,
aristocratici? Il lettore è aristocratico.
letterautore@antiit.eu
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