La
reazione è molle di Mosca alla “rappresaglia” di Trump in Siria. È anzi come se
Putin fosse sollevato di non dover risolvere la questione da solo, con
“alleati” mussulmani che non gli servono e di cui non si fida, Erdogan,
Rouhani, Assad. Nonché, probabilmente, di non continuare a fare da punching-ball della finanza saudita, tramite
le agenzie di immagine pr di Madison Avenue - è il reame petrolifero che ha
creato la questione siriana e la alimenta. Mentre la partita è diversa con gli
Usa: dare un assetto stabile alla frontiera Sud della Russia, stabilizzando anche
le minoranze mussulmane in Russia, e ai rapporti tra Mosca e Washington.
Il
fatto più rilevante del rapporto Putin-Trum è un’omissione. Del fatto più
rilevante per l’Europa, e per lo stesso rapporto Usa-Russia. E di questi primi
100 giorni di Trump che dovrebbero averne configurato e esplicitato gli
intendimenti. È l’assenza in agenda dell’Ucraina, dove pure si combatte una
guerra, dalla Crimea al Donbass, dentro ‘Europa.
Non
c’è del resto il roll back e non c’è
la confrontation. I due orientamenti
cardini della politica estera americana nella guerra fredda mancano dal quadro
di Trump.
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