Chiesa
–
“L’individuo all’interno della Chiesa è, per quanto indegno, parte del Corpo di
Cristo, nonché partecipe della Redenzione. Per capirlo la Chiesa non fornisce
un prospetto informativo. È questione di fede e la Chiesa non può costringere
nessuno a crederci.”. Il credente può “soltanto dire, con Pietro: Signore io
credo, aiuta la mia incredulità” – Flannery O’Connor, “Sola a presidiare la
fortezza”, 81. Credere si fa per non credere?
La chiesa si propone, può proporsi, come
veicolo di libertà – che non può essere anarchica? La fede altrimenti non ha
senso.
Dogma
–
Un divieto che è un segnale di libertà? “Il dogma non può in alcun modo
limitare un Dio Illimitato”, Flannery O’Connor scrive all’amica tentata dalla
conversione: “Chi è fuori dalla Chiesa gli attribuisce un significato diverso
da chi ne è all’interno”. Il dogma la scrittrice definisce “solo una via
d’accesso alla contemplazione”, e quindi “strumento di libertà, non di
costrizione: salvaguarda il mistero a tutto vantaggio della mente umana”.
La ragione ha bisogno di mistero, ha
bisogno di dogma?
Donne filosofe - Quando
si parla dell’intelligenza delle donne si citano Schopenhauer, Kierkegaard, “la
riflessione è per un animo femminile quello che sono le caramelle per il
bambino, in piccola quantità fanno bene, en masse fanno male”,
Nietzsche. Ma sono donne i filosofi che leggono la
storia, come già Ipazia, e la sua autrice Olympe de Gouges, la rivoluzionaria
delle “Riflessioni sugli uomini negri” e la “Dichiarazione dei diritti della
donna”, ghigliottinata da Robespierre, disconosciuta dal figlio, il vice-generale
Aubry de Gouges. Il Novecento ne è pieno: Arendt, Weil, Edith Stein, Lou
Salomé, Rosa Luxemburg. Che in carcere cantò la sofferenza dell’animale,
mentre fustigava i socialisti che votavano la guerra, nel non anonimo “Junius
Pamphlet”, in ricordo del vendicatore Lucius Junius Brutus, procurandosi ostilità
fatali, e tuttavia con ragione: “O socialismo o barbarie”. O la temibile Ayn
Rand, innominabile, più forte di molti. Per un revival tomistico e agostiniano durevole, di filosofe anche ebree. E Zambrano, Frances Yates, Agnes Heller, Jeanne Hersch, la
filosofia come stupore. Che il diritto di essere uomo ha trovato in tutte le
culture in tutta la storia – falso ma suggestivo. E Blixen, Murdoch, la stessa
Campo, benché
vittima dell’idea che la vita non merita un libro, non si è per essere
perfetti. E Luce Irigaray. In grado di
leggere la modernità, in una filosofia che per il resto è riletture, di lingue
morte. Non
da ora, certo, da Eloisa e Ildegarda dopo Ipazia, tutte belle. E Sophie de
Grouchy. Maria Gaetana Agnesi, filosofa e matematica. Émilie du Châtelet, filosofa e matematica anche lei. Cristina Belgioioso, che
fu pure pratica. Repertori se ne sono redatti, di Apollodoro in antico, Gilles
Ménage a fine Seicento.
Miss
Anscombe, che girava
tarchiata in pantaloni sformati e giacche maschili, fumava sigari, scalava monti, la “vecchio mio” di Wittgenstein,
la
sola donna ammessa ai suoi seminari, una dei pochi che lo capirono e per questo
non l’ha seguito, buona moglie e madre di sette figli, fu filosofa definitiva da ragazza della guerra atomica del signor
Truman. Il papa balbettante sul profilattico rinsaldando poi con un dovere di
castità che non trovò critici. E sull’aborto. Contro cui tanto ha detto che
l’hanno arrestata, con le figlie. Né si poté dirla di destra: non si seppe che
obiettarle. È che la filosofia s’è fatta donna. Nel senso di femmina, non di
padrona. La filosofia è delle donne nel senso che si consolano. Ma pure per il
pensiero, una bella schiera fanno che realizza la “madre intelligenza” di
Dante.
Pure
Schopenhauer si può dire le Schopenhauer. La nonna paterna fu pazza dichiarata,
la madre Johanna autrice di romanzi e ricordi lunghi ventiquattro volumi, nel
tempo libero dai sollazzi con ganzi giovani, fino in tarda età, la sorella
Adèle segretaria solerte di Goethe e della madre, nonché filosofa, autrice di
fiabe, femminista amica di Annette von Dröste-Hulshoff e Bettina Brentano,
benché ostile all’amore sororale – e maschile: ebbe inutilmente cicerone a
Roma, quando ci venne con la nuora Ottilie sulle orme di Goethe, il bel giovane
poeta Poerio. La rappresentazione di Johanna delle battaglie di Jena e
Auerstadt è modello di pagine celebri, in “Guerra e pace” e “Il Rosso e il Nero”
– suo prioritario impegno durante l’occupazione essendo peraltro lo studio
dell’italiano, dopo l’amore. Lui si fece filosofo per non lavorare, apprendista
mercante. Per lo stesso motivo lasciò alle due donne la gestione dell’eredità.
Tempestandole d’insolenze: l’ossessione del capitale gli fece sospettare che lo
volessero morto. Con la rendita visse agiato e lasciò una grossa eredità, senza
eredi.
Quando si farà la sommatoria del Novecento,
che ne resterà? Due donne, una è Arendt l’altra è Simone Weil, che è pure santa
– anche se il solito gesuita non manca a sostenere che in lei non c’è nulla di
cristiano. Oltre a Popper, che però non si può dire, dovendo essere malgrado
tutto “impegnati”. “La mia opinione è che non sono una filosofa”,
dice Arendt di se stessa:“Prendo congedo dalla filosofia. Nessuna filosofia,
nessuna analisi, nessun aforisma, sia pure profondo, può avere l’intensità e la
pienezza di senso paragonabili a quelle di una storia ben raccontata”. È quanto
basta per metterla in filosofia.
Anche
l’identità come dono che gli altri ci fanno non è male: essere uno Schlemihl,
l’ometto senza ombra, ha dei lati buoni. O la storia come vita, “ogni vita
umana racconta la sua storia, e la Storia diventa alla fine il libro dei racconti
dell’umanità” - Schopenhauer conciso e senza astio. Senza contare che molti
filosofi sono donne. Nietzsche sopra tutti, il figlio del padre, la cui fortuna
fu opera della sorella Elisabeth, che lo sovrastò pure nella follia, e delle
amiche.
Luna
– Non entusiasta della filosofia delle nuvole (v.
sotto), Gilles Ménage fa posto nella “Storia delle donne filosofe”, anche a una
filosofa della luna in terra, Aganice. Ad Antusia, che fa parlare le nuvole,
dice Ménage, “mi tocca anche aggiungere la seguente”: “Aganice, figlia di
Egetoro di Tessaglia, abile nell’esame della luna piena durante l’eclisse,
avendo dedotto per ragionamento a quali momenti la luna era mascherata
dall’ombra, persuase le donne che potevano farla discendere dal cielo - Plutarco
ne testimonia nei suoi «Precetti sul matrimonio»”. Una filosofia per le donne,
dunque.
Nuvole – Ménage, “Storia delle donne filosofe”, ne fa materia di una ramo della
filosofia. Nella persona di Antusia, filosofa di Agea in Cilicia, di cui Fozio
attesta che “aveva scoperto l’arte di predire a partire dalle nuvole, arte che
gli antichi non conoscevano nemmeno per sentito dire”. Non una ciarlatana, una
studiosa: “Fino ad oggi, Antusia non ha smesso di studiare il modo di predire l’avvenire
con la divinazione delle nuvole”.
Ménage si basa
su Gaffarel, l’autore delle “Curiosités incroyables” (in realtà delle “Curiositez inouyes sur la
sculpture talismanique des Persans , horoscope des patriarches et lecture des
estoilles”), curiosità incredibili”, per sostenere che “le nuvole parlano
in molti modi”. E conclude: “Come la contemplazione delle nuvole è una parte
della fisica, la fisica una parte della filosofia, e l’astrologia, come dice
Aristotele al cap. 8 del XIIImo libro della sua «Metafisica», è una filosofia teoretica,
ho deciso di aggiungere questa Antusia alle donne filosofe”.
zeulig@antiit.eu
Nessun commento:
Posta un commento