C’è un capitano dei
Carabinieri stazionato a Roma dietro l’inchiesta napoletana sulla Consip, anticipata
via via a “Il Fatto Quotidiano”. Il capitano che si rifiuta ora di collaborare
con i giudici romani sulla stessa inchiesta.
Analogamente, nell’inchiesta
napoletana finora più famosa, c’era un tenente colonnello dei Carabinieri di
stanza a Roma, al comando della Legione della capitale in via in Selci, all’origine
del processo e la condanna della Juventus nel 2006. Lo stesso colonnello che
poi firmò l’atto d’accusa della Procura napoletana, pubblicato in volume da “l’Espresso”.
E l’ipotesi non più
peregrina è che siano tornati i dossier. Come già ai tempi del terrorismo.
Il dossier è un
accumulo di notizie, che si originano non su notizie di reato o su querela di parte,
a iniziativa della magistratura, come la legge prevede, ma di inquirenti
autonomi, più o meno ufficiali, cioè in divisa, che poi si cercano una Procura
o un Procuratore della Repubblica disposto a farli propri. Sono i dossier, e
non le inchieste giudiziarie come comunemente si crede, all’origine dei
processi mediatici: è più facile per i compilatori
trovare un cronista compiacente che un giudice.
Ai tempi del terrorismo
la pratica fu sistematica, e va inquadrata nella “strategia del terrore” o degli
“opposti estremismi”. Oggi la pratica sarebbe individuale, per la carriera, ma
anch’essa riprovevole.
Ai tempi del terrorismo, quando il terrorismo stentava a
prendere piede dopo piazza Fontana, venne diffusa la psicosi del golpe. Con
dossier appositamente manipolati, che settimanalmente venivano forniti, a
settimane alterne, a “l’Espresso” e a “Panorama”. Nel 1975 la campagna s’intensificò.
L’ingegner Francia vuole avvelenare
l’acqua. Delle Chiaie rapire ventitré notabili. Il principe nero Borghese
prendere Roma coi forestali di Gualdo Tadino – un secondo tentativo. Gheddafi
bombardare gli aeroporti. La massoneria rapire il presidente Saragat. Un golpe
preparavano i militari. Un altro i capi della Resistenza Sogno e Pacciardi. E
un Fumagalli Carlo, eponimo lombardo. Carlo Cassola invece organizzava un gruppo
anticomplotto – lui, essendo pacifista, complottava contro le Forze Armate. I
golpe contati tra gennaio e Pasqua erano venti o ventuno. Candelotti di dinamite
si scoprivano in tempo in posti impervi delle ferrovie, in galleria, sotto i
ponti, altri deflagravano talvolta senza vittime. Il Principe Nero, Borghese, è
personaggio di Conan Doyle – era venuto utile in Libia, nelle trame contro
Gheddafi, prima che in Italia. I reduci
del Principe si erano persi per strada: il commando
che doveva rapire il capo della polizia Vicari aveva prima sbagliato numero civico, poi era rimasto
bloccato in ascensore tutta la notte, avendolo sovraccaricato.
Ma non si può ridere del complotto: i
bolscevichi presero il Palazzo di Inverno entrando alla spicciolata da una porta
secondaria rimasta aperta.
Nessun commento:
Posta un commento