Mito è piuttosto Tomi:
è Torino che scivola verso Milano, è Milano che spinge e scippa – niente è
passato da Milano a Torino, se non capitali infetti. Milano scippa Torino di
tutto ciò che è utile e rende. I libri, la fiera dei libri è l’ultimo di una serie.
L’Olivetti, il capolavoro dell’informatica pioniera. La Snia Viscosa, il capolavoro
di Gualino. La Fiat, a cui a cui Milano ha imposto il salasso quasi
quarantennale della Rcs, l’editrice del “Corriere della sera”, per, in cambio,
portare il gruppo automobilistico al fallimento – Marchionne l’ha preso in
extremis. La banca San Paolo. La Einaudi. La Sip-Stet, anch’essa praticamente
portata al fallimento, col nome di Telecom, come da dimostrazione di Grillo –
quella che lo ha lanciato nella politica. Milano, cioè i soldi: la Borsa, le
banche.
I casi citati sono i
più cospicui e recenti. Ma lo scippo riguarda praticamente tutto quello che
Torino ha inventato – e Torino ha “inventato” quasi tutto dell’Italia
contemporanea, dal cinema alla fotonica.
Milano vuole tutto
anche a costo di rimetterci, è città cannibale. “Tempo di libri” è stata meta e
palco di politicanti per un selfie,
facile prevedere che non durerà. Perché la città è anche volubile, si stanca presto
– frou-frou la diceva Camilla
Cederna.
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