“Un giorno io e Mucchetti andammo a pranzo con Marchionne a
Torino, al Lingotto”, racconta Ferruccio de Bortoli in “Poteri forti (o quasi)”,
il suo libro in uscita, in questa anticipazione di formiche.net: “Ci accompagnò
il capo ufficio stampa della FIAT, una persona dai modi squisiti e di grande
professionalità come Simone Migliarino. Marchionne
disse a Mucchetti: «Ho contato i pezzi che ha scritto contro di me sul
‘Corriere’, sono quarantaquattro». Imbarazzo generale, rotto dalla risata di
Marchionne che poi accettò anche di farsi intervistare. La difesa delle
opinioni di Mucchetti, che è stato un analista corretto e spietato, mi è
costata molto nel rapporto con l’azionista torinese. Forse, persino la rottura
definitiva”.
Dice molto de Bortoli per la sottintesa libertà di stampa, di
cui il giornale milanese si vuole portabandiera. Anche contro gli interessi
degli editori del suo giornale. Ma non dice tutto. Non dell’epoca “bazoliana”,
invece che “torinese”, della sua direzione. Con un Rotelli tipico imprenditore “privato
del pubblico” assurto a azionista di riferimento. Con i soldi di banca Intesa.
Il tempo di prendersi per niente il San Raffaele, azienda miliardaria. Dopo la
tragicomica incolpazione del titolare del San Raffaele, don Verzé. Tutto made
in Corriere della sera, col patrocinio della compiacente Procura milanese.
E poi, quarantaquattro articoli contro un unico soggetto, sia
pure proprietario? Di un unico giornalista? “Corretto e spietato”? A favore della
Volkswagen? Poiché di questo si trattava, una campagna di discredito.
L’affare
è già stato messo in chiaro (G.Leuzzi, “Gentile Germania”, pp. 83-4): “Per
tutto il tragico 2012 giornalisti e giornali illustri promossero in Italia una campagna
anti Fiat, colpevole di non cedere l’Alfa Romeo alla Volkswagen, su indicazioni e indiscrezioni Volkswagen.
La Fiat diceva di no, che non vendeva, e quelli insistevano che sì, l’Alfa
andava venduta a Vw, e dicevano anche come”. Uno dei “giornalisti illustri” era
Mucchetti, uno dei giornali il “Corriere della sera”.
Le buone intenzioni non bastano – non ne è lastricato l’inferno?
È giusto – corretto – attaccare una ditta a favore di un’altra?
Surrettiziamente, e per finalità non note? Sotto quale deontologia?
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