Un
omaggio a Dickens, a Dickens in America, e a Boston capitale dell’editoria
americana – dopo quello a Dante, a Dante in America, e a Boston capitale degli
studi. Dickens “Boz”, “il grande incantatore”, “l’inimitabile”, “il Capo”. Tra
folle plaudenti, isterismi, bagarini, incidenti con la polizia. Groupies, magari in età, tra essi una scrittrice
che s’introduce nella stanza di Dickens - un personaggio che corrisponde al
vero, una Bigelow come la regista premio Oscar. Anche swooners, le ragazze che si fanno
prendere dagli svenimenti. Il mondo al rovescio un secolo prima, col femminismo compreso. E i bookaneers, i plagiari: ladri di manoscritti, borsaioli delle bozze
in arrivo da Londra al porto di Boston, stenografi delle letture di Dickens, da
riprodurre liberamente in assenza negli Usa del copyright. È anche la storia di “un’epoca spietata dell’editoria” –
come del resto di tutto il capitale negli Usa nel secondo Ottocento: tutto è in
tono con la storia che ne ha fatto Bertrand Russell.
Il
titolo originale è “L’ultimo Dickens”. È la vicenda dell’“Edwin Drood”, rimasto
a metà per la morte di Dickens, e quindi di un possibile sviluppo. Ma anche
della caccia alle bozze arrivate a Boston degli ultimi capitoli scritti. Un
modo per “completare il romanzo incompiuto”, esercizo comune a molti, anche a
Fruttero & Lucentini, che Pearl conduce con la stessa eleganza della coppia
italiana. Il giallo su Dickens e le bozze del suo romanzo incompiuto è un
“completamento” dello stesso, tra sparizioni, parusie, agnizioni – Pearl fa sei
“puntate”, quante restavano a Dickens da scrivere del fogliettone promesso. E
una serie interminabile di trucchi editoriali.
Un
esercizio in giallo sempre raffinato, e un divertimento d’autore: sono queste
le cifre di Pearl. Con una sottile satira della dickensomania: delle letture di
Dickens in giro tra Boston, New York e Washington, invitato dagli editori per
promuovere le vendite e capitalizzare sul credito, come un concerto di Vasco
Rossi – con lo stesso contorno di guardioni, pubblicitari, promotori, e il
delirio dei fan. Alla cultura pop americana un’altra garbata presa in
giro viene contrapposta, dell’alterigia inglese, lo snobismo petty bourgeois degli inglesi in India
nei confronti di Dickens padre – un cockney….
- e figlio, quello che si era arruolato nella polizia coloniale.
Il
tutto documentato e dunque vero. Compresa la sottile caricatura dell’autore,
uno che non la finirebbe mai di scrivere. Mentre “tutti i libri migliori sono
incompiuti, devono simulare la completezza per soddisfare il pubblico”. Ecco
perché c’è bisogno degli editori: “Se non fosse per gli editori, gli autori non
arriverebbero mai alla fine. Avremmo solo scrittori e niente lettori”.
Matthew
Pearl, Il ladro di libri incompiuti,
Super Pocket, remainders, pp. 497 €3,45
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