mercoledì 10 maggio 2017

Dickens superstar

Un omaggio a Dickens, a Dickens in America, e a Boston capitale dell’editoria americana – dopo quello a Dante, a Dante in America, e a Boston capitale degli studi. Dickens “Boz”, “il grande incantatore”, “l’inimitabile”, “il Capo”. Tra folle plaudenti, isterismi, bagarini, incidenti con la polizia. Groupies, magari in età, tra essi una scrittrice che s’introduce nella stanza di Dickens - un personaggio che corrisponde al vero, una Bigelow come la regista premio Oscar. Anche swooners, le ragazze che si fanno prendere dagli svenimenti. Il mondo al rovescio un secolo prima, col femminismo compreso. E i bookaneers, i plagiari: ladri di manoscritti, borsaioli delle bozze in arrivo da Londra al porto di Boston, stenografi delle letture di Dickens, da riprodurre liberamente in assenza negli Usa del copyright. È anche la storia di “un’epoca spietata dell’editoria” – come del resto di tutto il capitale negli Usa nel secondo Ottocento: tutto è in tono con la storia che ne ha fatto Bertrand Russell.
Il titolo originale è “L’ultimo Dickens”. È la vicenda dell’“Edwin Drood”, rimasto a metà per la morte di Dickens, e quindi di un possibile sviluppo. Ma anche della caccia alle bozze arrivate a Boston degli ultimi capitoli scritti. Un modo per “completare il romanzo incompiuto”, esercizo comune a molti, anche a Fruttero & Lucentini, che Pearl conduce con la stessa eleganza della coppia italiana. Il giallo su Dickens e le bozze del suo romanzo incompiuto è un “completamento” dello stesso, tra sparizioni, parusie, agnizioni – Pearl fa sei “puntate”, quante restavano a Dickens da scrivere del fogliettone promesso. E una serie interminabile di trucchi editoriali.
Un esercizio in giallo sempre raffinato, e un divertimento d’autore: sono queste le cifre di Pearl. Con una sottile satira della dickensomania: delle letture di Dickens in giro tra Boston, New York e Washington, invitato dagli editori per promuovere le vendite e capitalizzare sul credito, come un concerto di Vasco Rossi – con lo stesso contorno di guardioni, pubblicitari, promotori, e il delirio dei fan. Alla cultura pop americana un’altra garbata presa in giro viene contrapposta, dell’alterigia inglese, lo snobismo petty bourgeois degli inglesi in India nei confronti di Dickens padre – un cockney…. - e figlio, quello che si era arruolato nella polizia coloniale.  

Il tutto documentato e dunque vero. Compresa la sottile caricatura dell’autore, uno che non la finirebbe mai di scrivere. Mentre “tutti i libri migliori sono incompiuti, devono simulare la completezza per soddisfare il pubblico”. Ecco perché c’è bisogno degli editori: “Se non fosse per gli editori, gli autori non arriverebbero mai alla fine. Avremmo solo scrittori e niente lettori”. 
Matthew Pearl, Il ladro di libri incompiuti, Super Pocket, remainders, pp. 497 €3,45

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