“Mme
de Staal è messa alla Bastiglia con la duchessa du Maine, sua amante; la prima s’accorge
che Madame du Maine ha confessato. Immediatamente piange, si butta per terra, e
grida: «Ah, la mia povera amante è divenuta folle!»”. Non è l’unica “tenerezza”
di Diderot sulle donne che la raccolta evidenzia.
Un’oca
giuliva facile preda di un falso medico, nella commediola (“commedia di
costumi”) “Mystification”. La virtuistica “Madame de la Carlière” del celebre
racconto, che annienta il marito amante. Una recensione per la
“Correspondance” - il periodico di Diderot aveva come target l’aristiocrazia
colta - del saggio di Antoine-Léonard Thomas “Dissertation sur les femmes”, che
è un rimprovero lungo e argomentato contro l’eccesso di galanteria
dell’accademico, un letterato specializzato in “elogi”. Non è una raccolta
femminista, come la intende il soffietto editoriale: “Un omaggio vibrante alle donne, un’arringa
ispirata in favore della loro emancipazione”. O allora critico, seppure con due
secoli di anticipo – i tre “pezzi” della raccolta datano del 1768.
Una strana lettura, questo Diderot. Duro,
radicale, sulla condizione sociale della donna. “Le si sceglie un sposo,
diventa madre, l’età avanza, la bellezza passa”. “In quasi tutti i paesi, la
crudeltà delle leggi civili s’è riunita contro le donne alla crudeltà della
natura”. Famosamente galante anche, per la citazione che si ripete: “Quando si
scrive delle donne, bisogna intingere la penna nell’arcobaleno e asciugare la
pagina con la polvere delle ali della farfalla”. Che però introduce a una serie
di limitazioni: “Niente penetra con profondità di convinzione nel giudizio delle
donne”, etc. Altre ne ha già enumerate: “Impenetrabili nella dissimulazione,
crudeli nella vendetta, costanti nei loro progetti, senza scruopli sui mezzi
per raggiungerli, animate da un odio profondo e segreto contro il dispotismo
dell’uomo…”. Coronandole, “come per l’Apocalisse”, con un “frontone sul quale è
scritto: MISTERO”.
Al
meglio, la donna è il sacro: “Nessun uomo si è mai seduto, a Delfi, sul sacro
tripode”. La Pizia è donna, ma di che tipo? “Non c’è che una testa di donna che
possa esaltarsi al punto da presentire seriamente l’approssimarsi di un dio, di
agitarsi, strapparsi i capelli, schiumare, gridare: «Lo sento lo sento eccolo, il dio»”. Non un complimento,
probabilmente, venendo da uno sordo alle divinities.
Una
strana lettura: una raccolta minima, di testi d’occasione, che però impone una
revisione della lettura femminista della storia , e della storia letteraria.
Strana anche perché è una testimoniaza a futura memoria, di antiveggenza. Il
falso medico della bella scema si presenta, oltre che come truffatore, come
onirocritico e chriromante, prima di Freud. La panssessulità offende la donna,
più spesso non interessata. Il proprio della donna è il “delirio isterico”. Che
è e non è il limite che si pensa dopo la psichiatria Fine Ottocento, Freud
compreso: “Niente di più contiguo che l’estasi, la visione, la profezia, la
rivelazione, la poesia focosa e l’isterismo”. Ma: “Ma questa imaginazione
focosa, questo spirito che si penserebbe incoercibile, una parola basta per
abbattero”. E c’entra anche la luna.
Volendolo salvare, questo Diderot si direbbe un precursore, antifemminista in anticipo. O meglio, trattandosi di un illuminista anche democratico, di un femminista antifemminista. Con due secoli di anticipo in polemica con la correttezza politica che incombe sovrana. Il soffietto non è infondato, ma con limiti – non immotivati.
Volendolo salvare, questo Diderot si direbbe un precursore, antifemminista in anticipo. O meglio, trattandosi di un illuminista anche democratico, di un femminista antifemminista. Con due secoli di anticipo in polemica con la correttezza politica che incombe sovrana. Il soffietto non è infondato, ma con limiti – non immotivati.
Madame
de Staal è molto di più dell’accenno che ne fa Diderot per un lettore di metà
Settecento. Marguerite de Launay, “Sophie Delaunay”, la letterata che a ventisette
anni s’introfula nel castello della duchessa du Maine, a trentacinque, mentre è alla
Bastiglia, fa l’amore con un cavaliere du Ménil che poi immortalerà in lettere
pubbliche, e a cinquantuno (ma si toglieva dieci anni) sposa il barone de
Staal, un ufficiale delle guardie svizzere, è il prototipo della donna che “Sur
les femmes” mette a nudo.
Denis Diderot, Sur
les femmes, Folio, pp. 107 € 2
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