martedì 23 maggio 2017

Gli arabi al centro

Trump ha messo al centro gli arabi nel Medio Oriente. Sembra la scoperta dell’acqua calda, ma è un approccio nuovo, potenzialmente risolutivo. Un fato rivoluzionario, anche se passato sotto silenzio, per la consegna dell’antitrumpismo.
Risolutivo per la stabilità politica della regione, minacciata dall’integralismo. E anche per il conflitto con Israele. E ora anche con l’Iran, con lo sciismo.
Sorprendente è comunque l’approccio trumpiano, di mettere gli arabi al centro delle questioni arabe. Non le logiche dei blocchi, che pure Obama ha risuscitato. Non la democrazia, che Bush jr. ha evocato per non sapere che fare col terrorismo. Non la logica di potenza. È un approccio che incuriosisce e anche entusiasma la Farnesina, che lo giudica infine “realistico”: negoziare col mondo arabo è confrontarlo, e per prima cosa rimetterlo alle sue proprie responsabilità, questo il canone.
L’approccio della nuova presidenza americana – opera di Trump l’affarista, dealer navigato? di Kushner, il genero-consigliori di famiglia ebraica? di entrambi? – è considerato promettente su tre presupposti: 1) Non sottovaluta il terrorismo, che non è un fatto di polizie ma di politiche e progetti; 2) Mobilita i governanti arabi contro un “falso scopo” esterno che non è più Israele ma l’Iran, “sunniti contro sciiti”, come dicono i giornali, con il quale però l’intesa c’è già e potrebbe funzionare: il sottinteso è che Teheran non si faccia la bomba, e Teheran non morirà per la bomba, anzi negozia da tempo per barattare la bomba contro le sanzioni e per un programma di integrazione economica; 3) Ha messo gli arabi di fronte alle loro responsabilità - brutalmente, ma è il metodo giusto, l’unico che può, potrebbe, funzionare.

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