Il
sostegno americano ai curdi siriani sarà la chiave per il rientro americano in
Medio Oriente? In Siria, e inevitabilmente poi in Iraq e in Iran, dopo il
disimpegno di Obama. L’imprevedibile Trump è il presidente che potrebbe giocare
questa carta.
La
carta curda, dell’autonomia dei Curdi in una Siria stabilizzata, è peraltro la
sola sostanziale in mano a Washington da far valere con Putin e Assad. Putin
non ha interesse a contrastarla, e Assad non può opporsi – potrebbe al contrario
farne offa per la sua permanenza al potere.
Il
ministero degli Esteri segue con attenzione questo possibile sviluppo. Per i
suoi possibili esiti stabilizzatori. O di destabilizzazione se non fosse
perseguito con la necessaria d eterminazione.
Un’autonomia
curda in Siria innescherebbe inevitabilmente una richiesta analoga in Iraq. E
può servire a Washington come pietra d’inciampo in Iran, anche se qui i Curdi
non sono regionalizzati e non hanno tradizione di ribellismo.
Il
sostegno alle autonomie, seppure rispondente agli interessi delle due grandi potenze
regionali, Usa e Russia, sarebbe in regola con gli orientamenti del diritto
internazionale e dei popoli.
Si
porrebbe in questa evenienza il problema Turchia. Che non vuole riconoscere ai
suoi curdi nessuna autonomia, ed è alleato fedele degli Usa nella Nato. Lo è
stato finora. Da alcuni anni, con Obama, non c’è più feeling tra Ankara e Washington. Che verso sceglierà Trump è la più
grossa incognita che la diplomazia europea si pone. Un patronaggio dei diritti
dei curdi potrebbe ridare a Washington un considerevole leverage nei confronti dell’incontenibile Erdogan.
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